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  • This ain't a blog for italian male homosexuals interested in avionics.
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venerdì 22 giugno 2007

Strange days

Rebibbia, ore 8.29 di un torrido Venerdì di fine Giugno.

Sotto la canicola, vicino alla palina gialla che indica gli autobus che transitano in questo luogo dimenticato da dio e dalla regina Elisabetta, un signore di 50+ anni, in tuta blu, arrota su una mola artigianale che spunta chissà come dal sellino della sua Vespa vintage, un coltellaccio che ha tanti centimetri quanti lui anni e rughe in viso.

Il culo del sellino trasformato in un'improvvisata postazione da arrotino (macellaio?) con tanto di motorino collegato a ciò che resta dell'omologo che muove(va) la gloriosa.

Dal tizio, assorto com'è nella gioia del suo lavoro, non giunge alcun suono o parola. Niente di niente.

Neanche un 'Donne! E' arrivato l'arrotino e l'ombrellaio...' che mi possa tranquillizzare prima ancora che farmi incazzare come al solito.

Nel frattempo la folla di ucrainealbanesitalianistudentipensionateturisteammericane lo guarda con occhi a metà tra l'incuriosito ed il seriamente preoccupato.

Fondamentalmente strabici.

Io, mezzo stordito dall'arsura e dal boccheggìo cui mi ha costretto la dannata linea B della metropolitana, formulo tra me e me le seguenti ipotesi:

  1. Il tizio è un vero arrotino, solo un po' taciturno
  2. Il tizio è malato di mente e ora ci squarta tutti urlando 'verso l'infinito e oltre!'
  3. Guarda cosa vanno a pensare 'sti pubblicitari per invogliare i 'ggiovani ad andare a vedere Hostel part II che esce proprio oggi al cinema
Poi, dopo aver atteso il 443 per più di mezz'ora, ho un'illuminazione.

Vuoi perdere peso?

Caga.

(Un grazie a Mara Venier per il suo suggerimento e a Magma per avercelo ricordato, visto che sul web non si trova più traccia di tale fulgido esempio di scatologia televisiva).

lunedì 18 giugno 2007

Sgombro coatto

Negli ultimi otto anni il prezzo della casa a Roma è per lo meno triplicato (fonte: UMVDC [1]).

Ora capisco perchè da giovane guardavo con simpatia e tenerezza a quelle garbate realtà milanesi - Roma non era ancora neppure un pensiero minuzzolo nella mia capa santa - di occupazione abusiva e pacifica quali il COA T28 in Via dei Transiti o il CSOA Leoncavallo e le sue infinite migrazioni.

Poi capita che uno legge gli annunci immobiliari dell'agenzia sotto casa (ma quale casa?) e allora si prospettano due (2!) sole possibilità:

  1. denunciare i titolari dell'agenzia presso l'Ente di Protezione della Lingua Italiana (terrazzatissimo? cieloterra? pluribalconato? Come gli viene!?!?!)
  2. denunciare i titolari dell'agenzia presso la Camera di Commercio (che fanno, lasciano ancora i prezzi in Lire? 595.000 per un 90mq in via Cardano: ci dev'essere un refuso da qualche parte, forse mancano due o tre zeri...)
  3. this option intentionally left blank
Ed è proprio riflettendo su tali temi, oltre che tornando col pensiero ad un mio vicino, moroso laureato (no, non era un fidanzato modello ma un pidocchio che non pagava la pigione manco se gli staccavano le unghie dei piedi a tenagliate) che mi si è presentata l'ispirazione per questa pietanza.

Al lettore sarà chiaro quanto prima il perchè del nome.

Non può sfuggire, com'è ovvio, l'ingrediente principale: lo sgombro, o come lo chiamano a Roma e dintorni, il maccarello.

Curioso come in ambito agroalimentare il genio italico abbia fatto propri alcuni termini anglosassoni, storpiandoli (in)consapevolmente e trasformandoli nelle caricature autarchiche di sé stessi: è così che il mackerel si trasforma in maccarello, la herring in aringa e lo stockfish in stoccafisso. Ma anche la beef steak in bistecca, per par condicio.

Poi si deridono gli emigranti che Broccolìno al posto di Brooklyn. Mah.

Fine dello sfogo (un grazie alla mia personale crema contro gli eczemi).

Lo sgombro (uno per commensale) è meglio procurarselo da un pescivendolo di fiducia se non si vuole fare la fine di quello chef francese cui asportarono d'urgenza parte dell'intestino a causa di un infezione da anisakis (mortacci!). Altri riferimenti qui, qui e qui.

In alternativa, si può eviscerare *bene* l'animale prima che un chirurgo sia costretto a fare lo stesso con noi.

Meglio ancora lasciare a riposo il simpatico pesciolino per
  • 96 ore a -15° C, oppure
  • 60 ore a -20° C, oppure
  • 12 ore a –30° C, oppure
  • 9 ore a -40° C
in modo da azzerare le funzioni vitali del fastidioso nematode (e non sto parlando di vostra suocera).

Ah, già, la cottura in forno risolve altrettanto bene il problema... :)

Ce l'avete il coriandolo? Bene: farciteci ciascuno sgombro - sventrato - unitamente ad uno spicchio d'aglio. Diciamo che un cucchiaino di coriandolo cadasgombro può andar bene. E anche un filo d'olio e un briciolo di sale grosso.

Avvolgete ciascun maccarello in un foglio d'alluminio e infornatelo per una ventina di minuti almeno: sarà la vostra esperienza pluriennale nel coitus interruptus a indicarvi il momento più opportuno per tirare fuori il pesce prima che sia troppo tardi.

Ora comincia il bello.

Ciascuno sgombro va lasciato raffreddare quindi - nell' ordine - spellato, spinato e sminuzzato grossolanamente, senza curarsi della presenza di eventuali semi di coriandolo rimasugli della cottura.

Se durante la spinatura doveste imbattervi in strane larve filiformi di circa 1 - 3 cm, tipo queste, accertatevi almeno che siano morte.

Indi bisogna depositare i pezzettoni di sgombro in una zuppiera, e infine aggiungere cipolle affettate a spicchi grossi, capperi sott'aceto, olive nere e succo di limone. Completa il tutto una pudica innaffiata di aceto di mele (perché sì) e un filo d'olio crudo.

Per contrapasso il composto va lasciato marinare in frigo per qualche ora e rimestato ogni tanto: se nel farlo vi scappa di assaggiare, peccato non è.

Come accompagnamento è d'uopo una salva di Dreher 66cl (ghiacciata): dopotutto, se lo sgombro dev'essere coatto è meglio che lo sia fino in fondo.

That's all, folks.

Il piatto è consigliato se:
  • siete in ritardo con l'affitto e avete a cena il vostro padrone di casa imbufalito. In tal caso non curatevi affatto della provenienza del pesce e del suo grado di cottura (anzi!) quindi approntate una scusa fantasiosa che vi permetta di sottrarvi all'obbligo di assaggiare il medesimo piatto senza apparire maleducati ("No, io non lo mangio, grazie! Proprio oggi mi è venuta la febbre di Marburg e, come può immaginare, ho lo stomaco un po' in subbuglio...").
  • amate Tom Waits e vi ha sempre affascinato il verso di quella sua canzone [2] in cui blatera "(...) it rained mackerel, it rained trout (...)": verosimilmente, quando la scrisse, il bardo di Pomona si trovava a passare sotto il balcone di un improvvido cuoco che si era cimentato senza successo in questa stessa ricetta.
  • digerite anche i sassi, ma avete voglia di qualcosa di più.
Da prepararsi ascoltando:
  • il vostro stomaco che brontola
  • il vostro sesto senso che vi dice che forse è meglio andare da McDonalds
Salutatemi il gastroenterologo.

Note:

[1] Una Mia Vicina Di Casa, che nel '99 comprò un appartamento per 200 milioni di lire ed ora se l'è visto rivalutato a 300.000 Euro
[2] "Earth died screaming" da Bone Machine (1992)


venerdì 8 giugno 2007

'bbrasciòla di cavallo al zùco

Foggia è una città ben strana.

A Foggia molte cose perdono il loro vero nome per acquisirne un altro che poi, per consuetudine, si sostituisce al primo nell'immaginario collettivo (e spesso ignaro) sino a diventare più vero del vero.

Ad esempio, da tempo immemore (cioè da quando io ho facoltà di ricordare) a Foggia esiste una Piazza Libanese. Che a me, già da régazzino, mi pareva un nome inusuale: quando mai s'è vista una piazza aggettivata? Libanese, poi.

E perchè non Etiope o Tagìka?

Ma quando la sentivo appellare così financo da due solide e concrete casalinghe quali mia madre e mia nonna materna, beh, allora mi rassegnavo ai miei dubbi adolescenziali.

Poi all'improvviso ho scoperto quali fossero gli altri significati della parola libanese, in seguito quale fosse l'attività clandestina per cui la piazza omonima era famosa, e quindi - finalmente! - il perchè di quei capannelli di 'ggiuv'n uagghiùn' [0] assiepati nottetempo in Parco Volontari della Pace.

Più che ingenuo sono duro di comprendonio, lo ammetto.

Esistono anche altri casi eclatanti di perdite d'identità anagrafica, riferite solitamente alla toponomastica degli esercizi commerciali.

Il chiosco La ghiacciaia, sebbene così registrato alla camera di commercio, in realtà non è mai esistito in quanto tale: il suo nome originario è da sempre soppiantato nella memoria dei foggiani dal più familiare 'a cantìn' d' P'ppùzz' [1], universalmente nota a causa dei tappi di birra Raffo incastrati dagli avventori con inusitata perizia nell'asfalto innanzi all'ingresso, e per i rùtt' [2], sgàrrùtt' [2bis] e quàtt' chitàmmùrt [2ter] che prorompono dagli avventori stessi ad ogni minima occasione, anche la più inutile.

Poco distante, nascosto in una viuzza a senso unico di fianco all'Accademia di Belle Arti e non molto lontano dalla vecchia questura, giace un altro esempio caratteristico di tali identità commerciali multiformi: la taverna / pizzeria La grotta azzurra, nota ai foggiani - e dunque al mondo intero - con l'affettuoso appellativo di 'u 'nz'vùs [3].

Ed è proprio dall'Inzivoso [4] che ho potuto riassaporare una delle massime espressioni di quel caratteristico piatto foggiano della domenica di festa che è, per l'appunto, la 'bbrasciòla di cavallo al zùco.

Neanche a farlo apposta, a Foggia la 'bbrasciòla (braciola) non è quello che sembra.

Uno dice "braciola!" a Milano, e si vede servire un bel pezzo di carne alta un dito, ancora attaccata all'osso e cotta alla brace (da cui il nome).

Uno dice "braciola!" a Roma, e uguale.

A Napoli, idem.

A Foggia no: a Foggia la braciola è l'involtino di carne cotta nel sugo. Tenuta insieme a volte da un doppio filo di cotone, a volte da stuzzicadenti o spiedini di metallo, e comunque farcita d'aglio, prezzemolo, formaggio e pepe. Presso i più nobbbili, anche di prosciutto cotto e omelette (la frittatina, certo!).

Per prepararla non occorre particolare perizia ma gli ingredienti giusti, quelli sì.

Nell'ordine:

  • agghij' (aglio)
  • ogghij' (olio)
  • sàrz' d'pùmmadòr' (salsa di pomodoro)
  • p'trùsìn' (prezzemolo)
  • p'cùrin' (formaggio saporito)
  • pèp' nìr' (pepe nero macinato)
  • carn' d'cavall' p'ì 'bbrasciòl' (fettine di carne di cavallo tagliate a medio spessore)
  • carna gràss' p'anzapurì 'u zùg' (carne meno pregiata, tipo maiale o muscolo, tagliata a pezzi grossi, utile per dare un fondo più robusto al sugo)
Parte dell'aglio va tritata insieme al prezzemolo, quindi mischiata al formaggio grattugiato ed al pepe e utilizzata per farcire le fettine di carne, disponendo il composto ad uno degli estremi della fettina, in modo che arrovogliando quest'ultima su sè stessa e cominciando proprio da tale estremo, la farcitura arrivi a trovarsi infine al centro della braciola.

Indi si procede alla chiusura dell'opera utilizzando il mezzo più consono (cotone, stuzzicadenti o spiedini). Mia nonna, per inciso, prediligeva il cotone. L'Inzivoso, invece, gli stuzzicadenti di legno, più facili da riciclare e quindi tendenzialmente meno onerosi.

Nel frattempo, in una pentola abbastanza alta, si sarà fatto soffriggere l'aglio in olio sufficientemente abbondante, onde aggiungere prima i pezzi di carne d'accompagnamento e quindi le braciole.

Non appena la carne comincia a lasciare tracce abbrustolite sul fondo della pentola, si abbassa la fiamma e si attende un minuto che la temperatura dell'olio sia scesa prima di versare la salsa di pomodoro: se quest'ultima è fatta in casa clandestinamente, tanto meglio.

Si ravviva quindi la fiamma, si sala il tutto e ci si aggiunge qualche gambo di prezzemolo tanto per gradire.

La cottura deve essere lunga e, viene da sé, la fiamma non troppo alta.

Quando il sugo raggiunge la consistenza del purè di patate, allora è indizio che la cottura è ultimata. Se si attacca un po' alla pentola, male non fa.

Le braciole vanno servite per prime, immerse in un tripudio di salsa, quindi la carne d'accompagnamento, se la vostra panza conserva ancora un qualche anfratto libero.

Anche perché per gli avventori de l'Inzivoso il piatto in questione non è mai la prima portata, ma spesso segue a ruota un'altra delle famose delicatessen della casa, ovvero la pizza a bordo alto farcito di ricotta e salsiccia (il bordo!).

Per molti esseri umani, l'accoppiata è letale.

Ormai sono anni che non vivo più in pianta stabile a Foggia. Quando ci torno, sporadicamente, sono sempre troppo impegnato a salutare amici e parenti - quei pochi - per potermi dedicare ad una sana devastazione gastrointestinale come quando ero fanciullo.

Voci preoccupate che hanno raggiunto noi foggiani emigrati all'estero ci dicono che 'u 'nz'vùs' sia chiuso da un po', a causa di problemi familiari riscontrati dal signor Vittorio (il titolare del locale nonchè dell'appellativo di Inzivoso) e non ancora risolti.

Alcuni, invece, sostengono che il locale sia stato chiuso dai NAS, che durante un'ispezione di controllo pare abbiano visto uscire dalla cucina una fila di verruche in ciàvatte.

Quale che sia la verità, si tratta comunque di una perdita incommensurabile per la gastronomia di un certo livello (il più basso).

Una prece.

Da preparare ascoltando:



Note del Traduttore:

[0] Scansafatiche
[1] "La cantina di Giuseppe"
[2] Rutti
[2bis] Rutti fragorosi
[2ter] Bestemmie e contumelie indirizzate ai familiari morti del destinatario
[3] "Il lurido"
[4] "Il lurido", secondo la dizione adottata dal foggiano verace che cerca inutilmente di parlare in itaGliano

venerdì 1 giugno 2007

I problemi della vita...

Da repubblica.it:

Roma, 1 Giugno 2007: traffico impazzito per un incendio, tangenziale chiusa per ore nelle due direzioni

Niente di che, solite cose. Se non fosse per quelle due righe, sparpagliate tra cima e fondo dell'articolo:

"(...) Le cause dell'incendio sono ancora da chiarire ma l'ipotesi più probabile è legata al surriscaldamento dei cavi in fibra ottica della Telecom: ne sono andati distrutti 300 e 4500 utenze sono state interrotte. (...)"


"(...) Sotto la rampa del ponte Nomentano avevano allestito alloggi di fortuna alcuni senza-tetto, che sono stati tratti in salvo dalle forze dell'ordine intervenute sul posto. (...)"

Ah, quanto li capisco quelli che poi si lamentano perché l'ADSL non va, Telecom ladra!

Come se non bastasse, le notizie allarmanti continuano.

Se abitate a Roma, fermatevi un attimo, fate un bel respiro a pieni polmoni e leggete qua, tutto d'un fiato:

Il Cnr: cocaina nell'aria di Roma insieme a cannabis, nicotina e caffeina

(notizia tratta sempre da repubblica.it, però del 31 Maggio)

Ed ora, salutate i parenti e preparatevi ad un bel soggiorno in comunità, drogati di me*da! :)