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mercoledì 23 maggio 2007

φέτα ε τσυκιηε

Questa sera si disputerà in quel di Atene la finale di cèmpsionlìg (pronunciata in accordo alle regole della fonetica galeazziana): ma questo blog non parla di arte pedatoria, né tampoco di calcio moderno.

Però bisogna constatare che non v'è occasione migliore di un evento di tale por[ct]ata, per decidersi a cucinare un piatto greco (ma ROTFL!) la cui esistenza mi è stata svelata da un bergamasco biondo y tinto, presunto bisex e fan di Madonna (via quel 'presunto'!), con cui coabitavo a Milano, in BözenStraße 1.

In verità in verità vi dico che il tipo (ciao Giulio!) era solito preparare la pietanza in un minuscolo microonde (bontà sua): nel ripetermi qui a Roma, in assenza del suddetto microonde, ho scoperto che un comune forno a gas è più che sufficiente, financo quella fetecchia che ho in casa.

Ordunque, come si capisce facilmente dal titolo del post, per incominciare l'avventura abbisognate di:

  1. τσυκιηε
  2. φέτα
  3. un forno
  4. una teglia
mentre i più fantasiosi di voi possono optare per l'aggiunta di una spezia a scelta tra:
  • pepe nero
  • noce moscata
Le τσυκιηε vanno lavate, circoncise in modo da eliminare il prepuzio e il postpuzio alle due estremità, e tagliate in pezzi piccoli, di mezzo centimetro di spessore e dalla forma di quarto di circonferenza.

Se la trigonometria non fa per voi, beh, allora tagliatele come più vi aggrada, anche a forma di patatine playstation™, nel qual caso potreste trovare preferibile usare un bulino o un succhiello anzichè un comune machete da cucina.

Avete affettato le τσυκιηε? Bene, mettetele temporaneamente da parte (detto con voce alla Lucarelli e con le mani congiunte a formare l'immagine di un ragnetto che cammina su uno specchio).

Procedete in modo analogo con la φέτα, ovviamente senza lavarla, pur sapendo che non è pastorizzata (a meno che non siate degli sporchi igienisti: nel quel caso, FUORI DI QUI!).

Sminuzzatela in cubetti della dimensione di una zolletta di zucchero e unitela alle τσυκιηε preparate in precedenza.

Ammischiate il tutto come streghe che rimestano il calderone del sabba, indi depositate il risultato nella teglia che avrete poi cura di informare del fatto che state per infornarla.

Paura, eh? (sempre con la voce del Lucarelli di cui sopra)

Al solito, non preoccupatevi troppo della temperatura del forno, a meno che ad un certo punto non sentiate provenire dalla vostra cucina uno strano odore di plasma gassoso.

Ora, forse non tutti sanno che (cfr. "La Settimana Enigmistica") la φέτα ha un punto di fusione prossimo a quello dell'acciaio temperato misto all'amianto: a tal proposito si pensi che i pompieri di Θεσσαλονίκη sono soliti ungersi il corpo con essa prima di addentrarsi nel ventre degli edifici in fiamme (con il risultato che i pompieri si ustionano lo stesso, mentre gli inquilini rimasti intrappolati trovano il coraggio di fuggire via all'istante a causa del fetore e non devono essere portati in salvo singolarmente).

Perciò, non vi aspettate che la φέτα si sciolga per giudicare finalmente ultimata la cottura: diciamo che la scomparsa delle τσυκιηε - sostituite da un composto nerastro simile alla grafite - è indizio che siete andati un tantinello oltre.

Ovviamente, dovete avere la pazienza e la perseveranza di rimestare ogni tanto l'amalgama con una cucchiara di legno.

Potete ritenervi soddisfatti quando la φέτα si è ben rosolata sino a divenire superficialmente arancione (anche se non ripete un mantra Hare Krishna, va bene lo stesso) e le τσυκιηε sono finalmente rattrappite senza essersi disidratate.

Estraete la teglia dal forno tramite una pinza da fonderia e ricoprite l'ammasso caustico con una delle due spezie elencate un po' più su.

Eccheqquà!

Avrete notato l'assenza di sale aggiunto: ebbene, così come dall'unione tra quel mostro di Klaus Kinski e Ruth Brigitte Tocki (il cui aspetto ignoro, ma non faccio fatica ad accomunarla ad un angelo) è venuta fuori quella topona di Nastassja, anche dalla commistione di un alimento insipido, quali sono le τσυκιηε, e di un alimento sapidissimo qual è la φέτα, può venir fuori qualcosa di splendidamente saporito.

Se proprio non avete della retsina potete berci sopra un Corvo bianco (ma badate bene che sia freddo, eh!). In alternativa, anche un rosso corposo - che non costi meno di due euro e mezzo a bottiglia - si presta bene allo scopo.

"That win the best!", come direbbe il poeta.

Da preparare ascoltando: Aphrodite's Child - "Tribulation" - dall'album "666" (1972).

NdIO: non sapete cos'è la φέτα né tantomeno cosa sono le τσυκιηε? Un buon motivo per pentirvi di non aver fatto il classico (mica come me che ho fatto lo scientifico) :)

lunedì 7 maggio 2007

MyChickenTandoori (wannabe)

Allora, come s'è capito sin qua, mi piace molto sperimentare con quel poco di cui solitamente dispongo nel frigo, e fin ora mi è sempre andata bene, nel senso che almeno un pasto (commestibile) al giorno sono riuscito a garantirmelo, da che io ricordi.

Poichè mi picco - coi miei conoscenti - di essere bravo a replicare a casa piatti assaggiati nei luoghi più improbabili (senza chiedere la ricetta), mi sono cimentato in questa replica del pollo tandoori non potendo disporre - però - di:

  • yogurt
  • pollo
  • masala (& massullo, ma questa la capiscono in pochi, soprattutto se hanno vaghi ricordi di Los Angeles '84)
  • le restanti spezie
  • pomodori
  • forno tandoor
In pratica, mi sono ritrovato con:
  • petto di tacchino (non a fette)
  • cinque o sei limoni
  • paprika come fosse coca nel bagno dell'Hollywood
  • zenzero in polvere (almeno questo, eccheccazzo!)
  • forno a gas
e pervaso dallo spirito del dio Ganesh ho proceduto in questo modo.
  1. Ho spremuto TUTTI i limoni con uno spremiagrumi che filtrasse i semi e la pellecchia.
  2. Ho aggiunto un cucchiaio grande di polvere di zenzero alla limonata.
  3. L'ho versata in una ciotola a coppa grande.
  4. Vi ci ho fatto marinare il petto di tacchino tagliato a bocconcini per due / tre ore (in frigo).
Poidichè, ho steso la paprika (dolce) in un piatto grande e vi ho "impanato" (si può dire "impanato" parlando di paprika? Vabbè, diciamo impaprikato) i bocconcini di tacchino.

Li ho disposti in una cazzarola, separati l'uno dagli altri.

Ho infornato a 15.000 °C per 0,3 femtosecondi.

Qualora non si disponesse di un timer da cucina con la risoluzione dei decimi di femtosecondo si può optare per una cottura a spanne, chè l'importante e che il tacchino non si asciughi come le braccia della R.L. Montalcini. Ah, occhio a rigirare ogni tanto i bocconcini!

Se vi avanza paprika nel piatto & qualche ettolitro di brodaglia (come potreste chiamare altresì il misto di limone, succhi proteici del tacchino e zenzero da discount?), mescolateli e aggiungete il risultato nella teglia a metà cottura, in modo da dare un minimo di fondo al preparato.

Il sale va rigorosamente aggiunto dopo aver tirato fuori la teglia dall'altoforno.

Certo, una spruzzata di prezzemolo fresco non avrebbe fatto male, se solo l'avessi avuto.

Buono - in accoppiata - un bel rapitalà ghiacciato. Ma anche una brocca d'acqua fresca di sorgente (che fa molto ayurveda) è la morte sua.

Alla fine Ganesh m'ha sputato in un occhio con la sua proboscide (quella di sopra, maliziosi!).

Poi, però, il cornutazzo s'è sbafato tutto.

mercoledì 11 aprile 2007

Cacio & Pepe

A quanto pare la pasta cacio & pepe è una specialità laziale, o più precisamente romana, che mi è stata presentata per la prima volta (anche se non servita) in un locale all'aperto in quel del ghetto romano.

In apparenza semplice se non semplicissimo da preparare, come ho potuto constatare a mie spese è in realtà piatto dalla difficilissima acconciatura.

Tutti sono capaci di prepararsi degli spaghetti in bianco da condire con il pecorino grattugiato ed un po' di pepe nero.

Pochi - a quanto si sente in giro - riescono a produrre IL capolavoro.

Il segreto è nell'amido rilasciato dalla pasta durante la cottura: scolare i maccheroni ha il non trascurabile effetto di disperderlo tutto (l'amido, nel lavandino) privando il piatto finale dell'amalgama necessario a differenziarlo da una qualsiasi pasta e formaggio preparata in cinque minuti perchè magari in casa non c'è altro...

Io ho sperimentato almeno due varianti per la sua preparazione. La prima, a singola pentola, e la seconda a pentola doppia.

Convenendo sul fatto che gli ingredienti sono sempre gli stessi (pasta lunga tipo spaghetti, bucatini o tonnarelli, pecorino romano grattugiato, pepe nero da macinare fresco), la preparazione è la seguente:

Prima variante (a pentola singola):

Spezzare a metà gli spaghetti o i bucatini o quant'altro (coi tonnarelli la vedo difficile).
Raccoglierli in una pentola larga da riempire d'acqua fredda sino a che la pasta non è coperta del tutto (ma non troppo). Aggiungere una manciata di sale grosso e porre su fiamma viva.

Non appena l'acqua comincia a bollire rimestare sempre più frequentemente in modo da evitare che la pasta s'attacchi alla pentola.

Continuare con la cottura, eventualmente badando a smorzare la fiamma se l'acqua comincia a schiumare troppo presto, assaggiando ogni tanto e rimestando con frequenza crescente.

Se la quantità d'acqua originaria si rivela adatta, si raggiungerà il punto di cottura della pasta (anche se dipende dai gusti è consigliata comunque una cottura al dente) nel momento preciso in cui l'acqua è quasi del tutto evaporata.

A questo punto smorzare la fiamma al minimo e cospargere di pecorino e pepe macinato, rimestando il tutto in modo da creare un'emulsione di acqua di cottura e formaggio tale da evitare il formarsi di grumi.

Travasare in una ciotola a bordo alto, possibilmente di coccio, e cospargere nuovamente di pecorino e - se è il caso - di ulteriore pepe macinato. De gustibus.

Come si sarà notato, non è necessario scolare la pasta: la ridotta quantità d'acqua con cui è stata riempita la pentola dovrà essere tale da garantire la cottura e al contempo il fondo necessario per l'amalgama che è la principale caratteristica di questo piatto.

E così facendo non serviranno nè preparazioni di acqua fredda e formaggio, o latte e formaggio o acqua di cottura prelevata prima della scolatura dei maccheroni* per raggiungere lo scopo.

In più, l'amido rilasciato dalla pasta durante la cottura (eliminato solo parzialmente dall'evaporazione) darà al piatto una sapidità impossibile da ottenere in altro modo.

Seconda variante (a doppia pentola o "del principiante"):

Si distingue dalla prima solo perchè prevede l'uso di due pentole distinte: nella prima pentola verrà posta una quantità d'acqua maggiore - rispetto alla prima variante - ma comunque MAI tanta quanta ne sarebbe necessaria per cuocere in modo classico la medesima tipologia di pasta. Nella seconda pentola sarà altresì posta una minima quantità d'acqua (non più di tre dita) da utilizzare per rimediare ai propri errori di inesperienza.

La fiamma va accesa viva sotto la prima pentola e a mezza forza sotto la seconda.

La presenza delle due pentole ha lo scopo di permettere una migliore gestione della cottura travasando dalla prima pentola (quella con la pasta) verso la seconda se per caso l'acqua presente in essa dovesse risultare eccessiva, o dalla seconda pentola verso la prima se ci si fosse sbagliati in senso opposto.

Il tutto deve procedere fino a che non si giunge ad una situazione simile a quella descritta al termine della prima variante (pasta ben cotta e poco fondo di cottura ancora presente nella pentola).

La seconda pentola, con il suo contenuto, può anche rivelarsi inutile se si sono fatte le cose con opportuno criterio.

La differenza tra le due varianti risiede nella diversa quantità di amido che può rimanere nel piatto ad opera finita. In ogni caso i risultati che si ottengono non sono molto dissimili.

Gratificazione immensa si ha, a mio parere, nel riuscire a cuocere dei bucatini al dente usando la prima variante senza aggiungere o togliere acqua in corso di preparazione.

Buona abbuffata.

*quelli elencati sono solo alcuni dei possibili rimedi tradizionalmente (!) utilizzabili per ottenere un amalgama solo in apparenza analogo a quello desiderato.