Cosa ne pensi delle ricette (!) proposte in questo blog?

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  • This ain't a blog for italian male homosexuals interested in avionics.
  • This ain't a blog for all those fancy french culinaire connoisseurs.
  • This is a blog for homestead recipes with just a few ingredients and a oh-not-so-delicate! taste.
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martedì 30 ottobre 2007

Serendipità (ovvero: what the f*ck did bring you here?)

Prima ancora che ci facessero un film, già sapevo (mi pare grazie ad un'approfondita lettura di un vecchio Selezione dal reader's digest celebratasi nel posto più consono ad una testata di tale caratura, ovvero la toilette) cosa fosse la serendipità.

Al giorno d'oggi essa rappresenta il principio fondante su cui basano il proprio successo tutti i motori di ricerca del web, nessuno escluso (beh, diciamo che virgilio.it ne è stato maestro indiscusso).

Attendevo con ansia questo momento, desiderando condividere con voi le (a volte) esilaranti scoperte che mi attendevano nel momento in cui ho cercato di capire chi (e soprattutto per quale motivo) finiva, navigando, su questo minuscolo spazio del microcosmo Internet.

Ecco quindi un estratto di tali ricerche, gustoso quanto un cracker di miglio all'olio di colza, che vi giunge in collaborazione col sistema di reportistica di big G.

Il numero a sinistra indica le visite relative alle keyword che seguono:

  • 6 - recipes pasta "pomodorini freschi"
  • 4 - sarcazzo
  • 3 - matt bianco samba in your casa
  • 2 - "odore di piedi"
  • 2 - formaggio "odore di piedi"
  • 1 - "boss hog" whiteout site:blogspot.com
  • 1 - "chondrochladia lampadiglobus"
  • 1 - "infezione da anisakis"
  • 1 - "sarcazzo"
  • 1 - allappamento cachi
  • 1 - amphitretus pelagicus
  • 1 - bagnasco bullet count
  • 1 - bardo pond
  • 1 - barry white - just another way to say i love you (1975)
  • 1 - beef fettina recipes
  • 1 - benthocodon
  • 1 - bi-sex bi-sex
  • 1 - blog piazza quadrata roma
  • 1 - blogitalia foggia
  • 1 - blogspot "matt bianco"
  • 1 - bucatini cacio pepe recipe
  • 1 - buon nefrologo milano
  • 1 - cacio pepe
  • 1 - cavallo aglio prezzemolo
  • 1 - che cosa e occhio delle fave occhio delle fave
  • 1 - chondrochladia lampadiglobus
  • 1 - ciambotta di pesce+ricetta+puglia
  • 1 - come cucinare il cefalo
  • 1 - cos'e' hummus
  • 1 - cos'è hummus
  • 1 - cosa è il fravaglio
  • 1 - daikirja
  • 1 - die eir von satan
  • 1 - fabio flowerside
  • 1 - fave cicorie vino
  • 1 - fettine di carne di cavallo
  • 1 - filo per sgombri
  • 1 - foggia l'inzivoso
  • 1 - formaggio succhiello
  • 1 - foto forno tandoor
  • 1 - fravaglio di triglia
  • 1 - gastrointestinale cavallo
  • 1 - giuseppe è inzivoso
  • 1 - grafite nel frigo
  • 1 - gugol foggia
  • 1 - head shop via oderisi da gubbio
  • 1 - hemp shop roma via oderisi da gubbio
  • 1 - hummus
  • 1 - hummus said
  • 1 - humus sesamo fave
  • 1 - i problemi della vita
  • 1 - i senzatetto in nz
  • 1 - immagini danzatrici del ventre casalinghe
  • 1 - immortadell
  • 1 - kool in
  • 1 - kool-in-air
  • 1 - la moglie di hans briegel
  • 1 - lato cottura salamella alla brace
  • 1 - link:www.leoncavallo.org
  • 1 - maccarello cottura
  • 1 - maccheroni cacio e pepe
  • 1 - marrus orthocanna
  • 1 - merluzzetti
  • 1 - milano pizza bordo farcito
  • 1 - mondare cos'è
  • 1 - pesce sgombro photo
  • 1 - pezzetti di carne di cavallo
  • 1 - pomodori in scatola puglia
  • 1 - probblemi
  • 1 - qui si parla italiano arquivio
  • 1 - recensioni ristorante zenobia
  • 1 - recensioni ristoranti zenobia
  • 1 - ricette + agliata + pomodorini secchi + pasta
  • 1 - ristorante zenobia recensioni
  • 1 - ruth brigitte tocki
  • 1 - salice salentino blog
  • 1 - scalogno cosa e'
  • 1 - scamiciato pronounced
  • 1 - sciapo
  • 1 - sciapò
  • 1 - scuole coriliano calabro
  • 1 - sgombro
  • 1 - sgombro cottura
  • 1 - sgombro pesce photo
  • 1 - spiedini cavallo
  • 1 - spurgare le vongole
  • 1 - spurgare vongola verace
  • 1 - sugo lurido
  • 1 - tonnarelli cacio e pepe
  • 1 - tonnarelli cacio et pepe, recipe
  • 1 - trattoria del mare ad anzio
  • 1 - troccolaturo
  • 1 - vermicelli di grano duro
  • 1 - via oderisi da gubbio smartshop
  • 1 - video della preparazione della bruschetta
  • 1 - video linea blu peschici
  • 1 - vongole surgelate spurgare sabbia
  • 1 - whiteout boss hog
  • 1 - zuppa di pesce di anzio rm
  • 1 - mara venier vuoi perdere peso?caca
Qualcuno più sgamato di me utilizzerebbe tali risultati come uno strumento preziosissimo per migliorare la (penosa) posizione di questo blog all'interno dei maggiori motori di ricerca.

Io, che sono fondamentalmente un cretino, mi limito a constatare con orgoglio che il frutto della mia (inde)fessa applicazione ha convogliato:
  • Numerosi musicologi amanti di Barry White, di Matt Bianco, dei Boss Hog, dei Tool, degli Immortadell e dei Bardo Pond (davvero ne esistono?)
  • Americani stufi del trash food che pensano di trovare sollievo gastrico in queste misere pagine
  • Frotte di studiosi specializzati nella fauna ittica bentonica (e pelagica)
  • Un certo qual numero di pugliesi nostalgici, equamente divisi tra salentini e foggiani di Capitanata
  • Ingenui cuochi bricolage che non sanno da che lato cucinare una sarsizza (da entrambi, ziocànaja), come preparare una bruschetta senza cercarlo su youtube (non ci posso credere, giuro), come spurgare le vongole (anche quelle surgelate, mortacci) né tantomeno cosa sono e come si cucinano i tonnarelli cacio e pepe (questa è proprio grave: chiedete ragguagli a Paul Bocuse). Un solo avventuroso, che cercava lumi su cosa fosse lo scalogno la cipolla, merita tutta la mia comprensione
  • Autarchici talebani del fornello che non hanno proprio idea di cosa sia lo hummus o, peggio che mai, il forno tandoor (robba nazzista, immaginano)
  • Landlords amanti del pesce azzurro che non sanno come liberare le loro proprietà da vaste legioni di inquilini morosi
  • Veterinari e allevatori che devono affrontare notevoli problemi di squàraus ippico (ai quali, per inciso, segnalo le proprietà benefiche della Gialappa)
  • Qualche ipocondriaco ansioso, che al primo dolore de panza (o alla prima pisciata un po' più scura del solito) ha immaginato di ospitare chissà quale parassita intestinale (o di avere irrisolvibili problemi di vescica & prostata)
  • Molti disillusi che - navigando su google per l'ennesima volta - a fronte della moltitudine di informazioni a cui potevano accedere, hanno provocatoriamente richiesto di cercare l'equivalente romanesco della wildcard di regexp-iana memoria
  • Tossici e fricchettoni anelanti ad uno smart shop che gli fornisse le spezie adatte alla preparazione di saltimbocca alla romana davvero indimenticabbili
  • L'appuntato Gargiulo, della polizia postale, alla ricerca di facinorosi capipopolo affiliati al mondo dei centri sociali milanesi
  • Qualche glottologo ispano-americano (o immigrato in sudamerica) che non può permettersi un decente dizionario interlingua o dei corsi di conversazione
  • La buonanima di Klaus Kinski alla ricerca di informazioni su quella topona di sua moglie (ah! porcella!)
  • Qualche buongustaio 2.0 che si fida più del web che del Gambero Rosso quando si tratta di decidere dove portare a cena la trojona di turno
  • Vari depravati, un po' pecorecci, amanti della trasgressione in salsa berbera e feticisti del piede
  • Un fesso che vuole trombarsi la moglie di Hans Peter Briegel sperando di farla Franka. Gli ho già prenotato un posto letto al Sant'Eugenio.
  • Un casalingo disperato a cui si è annerito il frigidaire
  • Il miglior amico di Giuseppe, da Cerignola (FG), alla ricerca di un modo carino per dirgli che fa schifo
In ogni caso, scusate la modestia, un successo oltre ogni mia più rosea previsione.

(Sipario)

martedì 16 ottobre 2007

HOWTO: zen or the art of rolling spaghetti

Guten tag, my friends!

This is my first international HOWTO and it's mainly aimed to help all of you outer world inhabitants (that is, you lucky people having the chance to live outside this waste land called Italy) in learning how to roll - and eventually EAT - a couple of spaghetti by simply using a fork *and* your hands.

In doing so we have chosen to adopt the 'learn by example' method [1]: a practical alternative to the didascalic and maieutic ones, which are far too complex and hence not suited for this purpose.

So, have a look at these pictures: they show my young little son Federico - a.k.a. 'Chico' (pronounced 'Kiko') - while struggling to roll and eat a bunch of 'spaghetti con le vongole' (spaghetti with claws and garlic), a typical seaside dish shown here in all its majesty as prepared by Mr. Mario of the 'Er Pioniere' ('Ye Pioneer') fame, in his small inn at the end of the 'Villaggio dei Pescatori' ('Fishmonger Village'), Fregene - Rome.

The first step

The second Step
(pictures copyright 2007 by memyselfandi)



It was my son first attempt ever, and it turned out to be quite successful, too.

Consider that Chico is two years and nine months now: although he's quite an ingenious kid, and he does know how to spell 'pimpiripettenusa' in a whisper, he still is a kid (and definitely a cute one).

Imagine what YOU could do.

After all, you used to cross the oceans back and forth with ships made of metal (how could it be? weren't they supposed to sink?), you fled with huge airplanes at the speed of sound or higher (how could it be? weren't they supposed to fall?), you reached the moon many a time in the past years (how could it be? wasn't the moon just painted white over the black sky?), you successfully fought against Iraq, a VERRRRY serious menace for your faraway land (how could it be? you don't EVEN know where Iraq is!) yet you don't know how to decently eat a cup of spaghetti.

Oh my!

Now you're on your way to enlightenment: just sit back, surf the web and book ASAP a low cost, low risk, low satisfaction trip to Italy.

Once there, find the best looking restaurant (or 'taverna', 'osteria', 'trattoria', 'hostaria', 'pompe funebri') you can, and order with confidence a wealthy portion of 'spageti boloniese'.

Then, show everyone your craftsmanship and start splotching tomato (?) juice and meatballs all over the red-and-white-checked tablecloths.

Beware all those people sitting at tables near you: they could turn out to be very hostile when bombed with someonelse's lunch, after all.

Clean your mouths, wash your eyeglass (if any) and throw away your skirts: it's just time to relax and order a hot 'capuccino' with a Big Mac.

Well done! Hope to see you soon again.

Best regards

FJF

Note:

[1] - A replacement for the older 'Osserva, Sperimenta & Impara' method, (c) 1956 / 1988 by TraumFabrik productions

lunedì 15 ottobre 2007

Ricetta per un Partito Democratico alla bene e meglio

Orbene: passata è la tempesta, già s'odono gli augelli (anche quelli del malaugurio) far festa.

Le primarie del Partito Democratico (Tornato Ringalluzzito) si sono appena concluse e a sinistra (sinistra?) è tutto un profluvio di elogi, autocompiacimenti incrociati e sguardi insolluccheriti.

Più che di eLezioni si è trattato di eRezioni, datosi che per molti l'assopimento dei sensi è stato bruscamente e sorprendentemente interrotto da poderose crisi di priapismo che neanche ai tempi pre-Merlin (ambiente discreto, massimo comfort, citofonare Giusy).

In radio (e TV) il ritornello che si ripete è sempre lo stesso: non è vero che gli italiani sono stufi della politica, il successo di queste elezioni ne è prova inconfutabile nonchè la migliore risposta a quel gufo di Beppe Grillo.

Tant'è: beati coloro che dimostrano di possedere una capacità d'analisi degna del più stolto dei bonobo.

In questo blogghe, oltre a fornire la ricetta vincente per quello che sarà (a detta di molti) il salvagente per il futuro politico della nostra (i)nazione, siamo lieti di mostrare alle masse - con uno scoop eccezziunale veramente proprio - i motivi del clamoroso successo riscontrato in tutta Itaglia dal John Fitzgerald Kennedy del quartiere Coppedè: l'unico attivista politico in grado di collezionare - in pieni anni di piombo - più figurine Panini che denunce a piede libero.

Ma bando alle ciance (per quelle, basterà accendere l'aggeggio infernale nei prossimi giorni e - ahinoi! - nelle prossime notti) e andiamo giù di ricetta:

Dicevamo, per confezionare un Partito Democratico bello fragrante servono:

  • una massa di elettori delusi e sco9lionati
  • un battage pubblicitario di media entità
  • una bella giornata di sole (per lo meno a Roma)
  • tanti volontari che, credendo di sacrificarsi per la causa, altro non faranno che lavorare gratise come manco in Bulgaria sono adusi
  • un candidato unico (anzi IL candidato)
  • tanti pseudo-candidati fantoccio [1] (come definire gente che sa di competere per arrivare al massimo seconda e a trenta lunghezze dal cavallo di razza?)
  • il solito clima politico al quale siamo abituati da tempo
  • un'opposizione becera e livorosa
La preparazione è immediata: sfruttando il calore della bella giornata, mescolare elettori e volontari in un'atmosfera alla sagra di paese. Affinchè gli elettori (potenziali) accorrano in massa, è necessario far macerare ben bene l'annuncio dell'evento in un tourbillon pubblicitario e mediatico di almeno sei mesi.

Scegliere diligentemente il candidato unico tra la moltitudine di papabili (maddeche?), osservandone attentamente l'occhietto tumido e badando che sia lesso. Prestare attenzione a non inacidirlo ulteriormente con un eccesso di critiche dettate dal solito clima politico e blabblabblà.

Ogni tanto mescolare e riscaldare gli animi con exit-poll scelti ad arte affinchè il preparato, anziché nascere già stantio e insipido, acquisisca un minimo di consistenza e sapidità.

Condire con una manciata di candidati già trombati prima del tempo e servire ben cotto (e stracotto) dosando ad arte i travasi di bile dell'opposizione in modo che non inaspriscano il risultato finale.

Eccheqquà.

Onde evitare che l'untuosità del preparato possa macchiare indefinitamente le tavole su cui verrà servito, si raccomanda di utilizzare a mo' di tovaglietta - che fa tanto self-service della Festà dell'Unità - una copia della scheda di voto abilmente trafugata da un gazebo elettorale e che alleghiamo alla presente (lo scoop da premio Pulitzer cui accennavamo).





  • Elezioni primarie del Partito Democratico!





  • Esprimi le tue preferenze barrando la casella di uno dei candidati elencati:





  • X Walter Veltroni


  •    Il figlio di Vittorio Veltroni


  •    Veltroni Walter


  •    L'attuale sindaco di Roma


  •    Walter On. Veltroni


  •    Il marito di Flavia Prisco


  •    rosybindienricolettamarioadinolfijacopogavazzolischettinipiergiorgiogawronskizdenekzeman





  • FAC(K) SIMILE




Un sentito ringraziamento a quel 25% di elettori avveduti (e dotati di microscopio elettronico a scansione) che sono riusciti a barrare con cognizione di causa l'ultima casella.

Alle prossime.

[1] - tra i candidati fantoccio giova ricordare cavalli di razza quali:

Chapeau.


lunedì 24 settembre 2007

Bentagliati di farina di grano duro e uova, con purea di pesce azzurro in salsa di liliacea, erbe aromatiche e poivre noir a velo

Bònjour,

questo post è un'evidente giuoco scherzoso (gli inglesi direbbero "pun", i francesi "pastiche", gli spagnoli "olè!") dedicato a tutti quei fini connoisseurs, un po' masochisti, che preferiscono cibarsi di piatti per i quali ci voglia più tempo a pronunciarne il nome che a consumarne le scarne porzioni servite presso i ristoranti più à la page.

Di solito, presso tali ristoteche, l'importo del conto risulta direttamente proporzionale al numero di parole che compongono i titoli delle libagioni, ovvero inversamente proporzionale alla grammatura delle medesime.

La popolazione culinar-blogghesca, soprattutto italiana, è strapiena di aspiranti cuochi et professionisti conclamati che ritengono sia un dovere descrivere la preparazione di un piatto nel nome del piatto stesso, realizzando così una sorta di pangramma assolutamente superfluo e inconcludente a fini gastronomici, ma che fa tanto scena.

Se nella preparazione vengono convogliati ingredienti che non si troverebbero manco nel gabinetto del dottor Caligari (es: il tamarindo) tanto meglio, secondo loro.

E l'uso del francioso risulta, per tali apprendisti stregoni, funzionale quanto l'aceto balsamico sulla burrata.

Giusto per chiarire come stanno qui le cose, questo post dovrebbe servire a preparare - qualora lo si desiderasse davvero - uno strepitoso piatto di cucina 'povera', che - in barba all'inflazione galoppante più di un'orda di cavalieri tartari lanciati alla conquista dell'Europa - mantiene tutt'ora le sue caratteristiche di economicità e sapidità.

In pratica, se non ci siete arrivati, stiamo parlando dei troccoli con le alici, ovvero di un piatto parente alla lontana della fantomatica pasta con le sarde di tradizione trinacriense.

Per prepararlo vi servono:

  • farina di grano duro
  • uova (una ogni etto abbondante di farina)
  • alici fresche sfilettate
  • qualche spicchio d'aglio
  • olio d'oliva
  • prezzemolo fresco
  • pepe nero
Con la farina e le uova va preparato il classico intruglio per la pasta fatta in casa. Se non sapete come fare potete:
  1. comprarla già fatta (ottima soluzione, a meno di non rivolgersi a quelle abominevoli preparazioni industriali vendute sotto vuoto nei supermercati)
  2. cercare su Google
Qualora decidiate di farla da voi seguendo l'opzione 2) allora dovete munirvi di un troccolaturo, ovvero un mattarello zigrinato che permette di tagliare la sfoglia in sottili strisce (in realtà prismi a base rettangolare) noti come troccoli o spaghetti alla chitarra.

Per il resto, l'aglio schiacciato e scamiciato (mi raccomando!) va fatto soffriggere in abbondante olio d'oliva e quindi estratto prima che il suo colorito cominci a diventare troppo scuro.

Nel frattempo avrete sfilettato e quindi tritato grossolanamente le alici FRESCHE, privandole altresì della coda e della testa.

Sulla scelta delle alici la questione è meno semplice di quanto si creda.

Presso il mercato Macaluso (sotto casa mia) ci sono due pescherie situate una al fianco dell'altra: la prima è gestita da una combriccola di tipi loschi, quasi sicuramente ex-galeotti condannati per reati contro il patrimonio, che probabilmente racimola il pesce che smercia prelevandolo dal fondo dei camion incustoditi utilizzati per il trasporto degli scarti ittici.

La seconda, invece, è amorevolmente accudita da una tenera sòra romanesca, ex sarta della casa reale, che per vocazione si è convertita all'agroittico.

Quando la signora non è impegnata nel retrobottega a mostrare ai suoi aiutanti (quasi sempre nordafricani) il modo migliore per maneggiare l'anguilla e il capitone, si dimostra venditrice accorta e coscenziosa.

Orbene, quando mi sono recato in cerca di alici ho come al solito sondato il terreno presso la prima e dunque la seconda pescheria.

Le alici erano presenti su entrambi i banchi: nel primo caso, il colorito nero-verdastro e il prezzo sui 2 (due!) euro al kg mi ha fatto desistere immantinente. Va bene tenere in conto il portafoglio, ma la vita è pur sempre un bene prezioso, quasi più del mattone.

Nel secondo caso (benedetta signora!) le alici - seppur morte - parevano ancora intente a guizzare nel profondo dei freddi mari di provenienza. Comunque diffidente, mi sono risolto a controllare con attenzione e ho constatato l'assenza di un qualsivoglia Lino Banfi sotto la cassetta, come mirabilmente esemplificato in una delle memorabili scene de "Al bar dello sport".





6 Euro al kg, seppur prossimo alla soglia massima stabilita dal mio inconscio, mi è sembrato in fin dei conti un prezzo onesto, tenendo conto che la sfilettatura delle alici è stata poi eseguita in loco liberandomi da un compito altresì gravoso.

Diciamo che 400 grammi di alici per due persone possono andar bene, a meno che non si voglia - giustamente - strafare. Fate vobis (magno gaudio).

Tornando alla preparazione del piatto, le alici (pulite, sfilettate, sminuzzate) vanno fatte soffriggere e al contempo ulteriormente maciullate con una forchetta in modo da sbriciolarsi il più possibile.

Nel contempo, avrete cura di cuocere la pasta al dente per poi scolarla e saltarla nella padella di cottura delle alici su menzionate.

Per terminare la preparazione, è necessario cospargere il composto pasta + condimento con abbondante pepe nero e prezzemolo fresco tritato.

Alla fine non rimane che servire il tutto per la gioia degli astanti e del cuoco-demiurgo.

A proposito delle alici, ho avuto conferma della loro bontà quando la mia gatta (Audrey, un meticcio femmina di circa cinque anni, inusuale incrocio tra un felino ed un cane da compagnia) ha cominciato a gironzolare nervosa e languida in prossimità del secchio della spazzatura, ove avevo depositato i resti della preparazione in attesa di rivenderli sottocosto ai tizi della prima pescheria.

Lei che non si scomodava in tali manifestazioni di gioiosa felinità manco di fronte a vari capi di salsicce fresche lasciate incustodite alla mercè dei suoi (pochi, in verità) dentini affilati...

Completa la preparazione e l'impiattatura (ma 'dde che? I troccoli l'amo magnati direttamente nella padella!) una sacrosanta bottiglia di Locorotondo d.o.c. servito freddo, che con i suoi aromi fruttati & pugliesi funge da controaltare naturale ad una portata così delicata ed eterea.

Un piccolo addendum per chiarire ogni dubbio in merito alla preparazione bricolage dei troccoli fatti in casa: lo strumento infernale da adoperare a tale scopo, ovvero il troccolaturo (in originale: "trocc'latùr") non va assolutamente confuso con il laganaturo (in originale: "lag'natùr", omaggiato nel nome da uno dei componenti della seminale band di grezz-metal foggiana "Immortadell"), ontologicamente deputato alla preparazione di tagliatelle e làgane.

Mi raccomando!

Concludo ringraziando quella santa donna di mia moglie per avermi proposto originariamente questa preparazione d'alta cucina che Bocuse sta ancora a rosicà.

Il piatto è consigliato a chi:
  • vorrebbe andare almeno una volta a cena presso il roof garden dell'Hassler Villa Medici, ma non ha mai le mutande adatte
  • si è fatto serigrafare la faccia di Gualtiero Marchesi sulle pareti interne dei sanitari
Da preparare ascoltando:
  • Alice in Chains - Would? (Dirt - 1992)
  • Immortadell - Vafammòcc' a mamm't (The age of grezz metal - 2006)
  • Alice - La bellezza stravagante (Viaggio in Italia - 2003)

venerdì 21 settembre 2007

Vermicelli alla vietnamita



The title says it all.

Sulla falsariga dell'infame parmesan teutonico, l'ennesimo caso di sfruttamento di un marchio DOP al di fuori dei nostri confini nazional-popolari.

Dove andremo a finire, di questo passo?

In ogni caso, un'ottima fonte di proteine e sali minerali, da includere in ogni dieta che si rispetti...

E adesso vorrete scusarmi, ma vado a vomitare in un cespuglio qua vicino.

lunedì 10 settembre 2007

Musicooking (reprise)


Come promesso, eccovi la traduzione dell'esoterico testo culinario propostovi in collaborazione con i Tool nel mio post precedente.

Per fare sfoggio delle mie capacità linguistiche ve ne propongo la versione in napoletano, a dimostrazione e controprova del fatto che, qualora la città partenopea dovesse divenire - come molti auspicano - stato a sè, avrei un impiego assicurato presso le Nazioni Unite in qualità di traduttore simultaneo di lingue morte (e chìtàmmuòrte).

Ciò mi conforta, anzichenò.

Ma procediamo con la traduzione:

'e 'uàllare / ll'òva 'e Barzabùcco

'na miéza tàzzulélla 'e zùccar' 'mpòvére
'nu quàrt' 'e cùcchiaréll' 'e sàle
'na pònta 'e cùrtiéll' d'àscìscio tùrcomànno
'ddùje ett' 'e 'bbùtìrro
'nu cùcchiaréll' 'e zùccar' vanigliàt'
'ddòje ett' 'e fàrìn'
n' etto e 'mmiéz' 'e nùcélle sbriciulàte
n' àto pùcuréll' 'e zùccar' 'mpòvére...

e niént' òva

Ammùllàt' ògne ccòs' rìnt' a 'nà zupperèlla
aggiungìtéce 'o 'bbùtìrro
dòppo 'e nùcélle sbriciùlate e
'mpastàt' 'a squàrcélla

Cu' 'sta squàrcélla, facìtéce tànta 'uàllare gruòss' còmm' a n'aùliva 'e Cérignòla
ruòtolàtele rìnt' 'o zùccar'
e 'ricìte 'e 'ppàròl càbbalìstiche:

"Aglio, fràvaglie, fàttura ca nùn quàglie; còrna, bìcòrna, càpe 'e àlice e càpe d'aglio"

Schiaffàtéle rìnt' a 'na tòrtiéra ùnta àssaje e
'nfùrnat' a 'dduìciént' gràd' pe' 'nu quàrto d'òra...

E NIÉNT' ÒVA

infùrnat' a 'dduìciént' gràd' pè 'nu quàrto d'òra...

e niént' òva

La poesia di questo testo è, per me, assolutamente struggente, al pari di alcune liriche del sommo Raffaele Petra, Marchese di Caccavone.

Qualora i più acculturati tra voi notassero errori di traduzione o di translitterazione nel passaggio dall'originale in lingua germanica verso l'antico (ma sempre attuale) idioma partenopeo, mi gioverebbe se ciò venisse segnalato tra i commenti.

In ogni caso, abbiate un po' di pietà per un derelitto diplomatosi per corrispondenza presso il celebre istituto di lingue parteuropee 'Zappulla Carmelo' di Caivano (NA).

Jàmme bèlle, jà! :)

giovedì 30 agosto 2007

Musicooking

Il binomio musica e cucina non si è mai dimostrato riuscito. Nel senso che musicare una ricetta è sempre stato ritenuto lessicalmente molto difficile, e a ragion veduta.

Soprattutto in italiano, dove amore può far rima con frullatore e poco altro.

E lo stesso dicasi per tu (sartù / ragù), cuore (sbattitore), sogno (scalogno cipolla), figlia (vaniglia), giorno (forno), sole (scarole), paradiso (insalata di riso), bacio (cacio), pelle (animelle) e bambina (margarina).

Non c'è Mogol che tenga.

Pertanto, sia lode ai Tool per essere stati - se non tra i primi [1] - per lo meno i più efficaci in questo arduo compito.

In particolare mi riferisco alla loro enigmatica Die eier Von Satan, un incrocio musicale tra i rumori assordanti di una pressa idraulica e i sussulti nazisteggianti di una folla in delirio, arringata in tètèsco da un bestione pelato, presumibilmente strizzato in un infausta divisa marrone un po' retrò.

La canzone (mi sia concesso chiamarla così) è contenuta in quel capolavoro assoluto che è Ænima, l'opera che a partire dal 1996 contribuì a far conoscere maggiormente al grande pubblico la miscela esplosiva e affascinante di ritmi dispari e inconsueti, tecnica sovrumana sebbene mai fine a sè stessa, immaginario esoterico e sensibilità fuori dal comune che caratterizzò da quel momento in poi il quartetto californiano.

Ma ciancio alle bande, ed eccovi il testo:

Die Eier von Satan

Eine halbe Tasse Staubzucker
Ein Viertel Teelöffel Salz
Eine Messerspitze türkisches Haschisch
Ein halbes Pfund Butter
Ein Teelöffel Vanillenzucker
Ein halbes Pfund Mehl
Einhundertfünfzig Gramm gemahlene Nüsse
Ein wenig extra Staubzucker...

und keine Eier

In eine Schüssel geben
Butter einrühren
Gemahlene Nüsse zugeben und
Den Teig verkneten

Augenballgroße Stücke vom Teig formen
Im Staubzucker wälzen und
Sagt die Zauberwörter
Simsalbimbamba Saladu Saladim

Auf ein gefettetes Backblech legen und
Bei zweihundert Grad für fünfzehn Minuten backen...

und KEINE EIER

Bei zweihundert Grad für fünfzehn Minuten backen...

und Keine Eier


Se proprio ci tenete ad ascoltarla, allora fatelo tramite il simpaticissimo jukebox fornito da RadioBlog che trovate nella colonna destra di questa pagina. Ricordatevi che le connessioni filtrate da firewall e proxy, che pongono limiti sulle dimensioni e sulla natura dei file scaricabili, possono dare luogo a qualche problema...

In alternativa, acquistate il CD che ne vale la pena.

La traduzione del testo seguirà in un prossimo aggiornamento, tanto per lasciarvi un po' sulle spine (lo so che state fremendo, curiosoni che non siete altro... :)

Vi basti sapere, o miei giovani virgulti, che nulla è come sembra...

Ecco cosa può capitare qualora si venga invitati ad un barbecue a casa di M.J. Keenan
(picture courtesy of toolshed.down.net)


Note:

[1] - Tra i pochi altri grandi artisti che si sono cimentati in un compito analogo giova ricordare (in rigoroso ordine cronologico):
  • Prophilax con Tronco Cionco (da Il Signore Delle Fogne, 1993)
  • Tom Waits con Philipino Box Spring Hog (da Mule Variations, 1999)
  • Ornella Vanoni con Rossetto e Cioccolato (da Noi, Le Donne Noi, 2003)
e scusate se è poco.

Link e testi cercateveli voi, bàmbascioni!

venerdì 24 agosto 2007

HOWTO : far spurgare le vongole

Bentruàti.

Con il post di oggi si inaugura la categoria degli howto (pron.: autù), che poi altro non sono se non "mini-guide per l'esecuzione di compiti più o meno comuni in ambito culinario", fist-fucking escluso.

Questo primo howto è dedicato alla preparazione delle vongole come atto propedeutico alla poièsis di piatti che ne necessitano in ragguardevoli quantità (esempi: tegamata di linguine alle vongole, zuppa di vongole, impepata di vongole e vongole in salsa di vongole).

Sono riuscito a non dire sautèe.

Ricordatevi, qualora non lo sapeste già, che le vongole sono molluschi ESTREMAMENTE diffidenti.

Una volta eradicate dal loro habitat sabbioso e salmastro, tristi e immalinconite tendono a chiudersi introspettivamente in sè stesse, senza il benchè minimo accenno ad una qualsiasi riapertura della loro coriacea conchìzza.

Il che presenta alcuni sgradevoli inconvenienti.

Primo tra tutti, quello di ritrovarsi a gustare squisite linguine alla sabbia di Marghera, la quale oltre ad essere aromatizzata al tetracloruro di carbonio, al bromoformio e ai trialometani, ha anche il poco piacevole side-effect (mi si perdoni l'anglismo) di attaccarsi, eccome!, al lavoro del vostro dentista.

Distruggendolo.

Affinché ciò non accada è possibile prendere delle semplici precauzioni - ognuna delle quali è da intendersi alternativa alle altre - che mi accingo or ora ad elencare:

  1. Acquistare vongole già sgusciate e pulite. Surgelate o in salamoia, poco cambia: fanno schifo uguale e probabilmente sono state preparate da bambini pakistani nel poco tempo libero a loro disposizione tra la cucitura di un pallone da calcio e l'altro
  2. Attendere che l'evoluzione faccia il suo corso, spostando l'habitat naturale del simpatico mollusco dalle coste sabbiose agli scogli calcarei (a là cozze e patelle, per intenderci). Detti scogli saranno sicuramente più facili da individuare ed eliminare dal piatto, di quanto non lo siano i maledettissimi granelli di sabbia
  3. Seguire pedissequamente questo howto
Orbene, preambolo a parte, ciò che vi servirà sarà un recipiente di capienza adatta a contenere le infingarde, da riempire con le medesime indi con la quantità d'acqua strettamente necessaria a coprirle a filo.

Poi sarà il caso di aggiungere una quantità di sale grosso tale da portare i livelli di salinità dell'acqua presente nel contenitore a valori analoghi a quelli dell'ambiente dal quale le bastarde sono state prelevate.

Qualora non conosciate tale valore, potrete rivolgervi al laboratorio di analisi dell'università di Pavia, come suggerito sulle etichette delle più note marche di acque minerali, o più semplicemente sbattervene le palpebre e andare a casazzo (credo che da qualche parte ci sia un refuso dettatomi inconsciamente dal comune senso del pudore).

L'aumentata salinità dell'acqua fara sì che le stronzissime credano di essere state riportate a casa loro, ammesso che si possa chiamare 'casa' un tratto di mare basso e limaccioso, e quindi si decidano - dopo circa due / tre ore di straniamento - a tirar fuori la capuzzella per dare un'occhiata e vedere chi c'è in giro e che si dice, ma più che altro per capire che fine ha fatto tutta quella dannatissima sabbia.

Le sciocchine non sanno però che così facendo contribuiscono a perdere la fragrante impanatura silicea di cui sono ripiene, agevolandovi il compito.

Ed è a questo punto che intervenite voi, selezionando accuratamente le vongole aperte, e quindi ancora vive e verosimilmente pulite, da quelle chiuse, probabilmente defunte o più timide delle altre e comunque più insabbiate di un bambino di due anni a spasso sul litorale di Ostia.

Una risciacquatina alle fortunate che hanno passato la selezione, male non fa.

A questo punto le bestiacce sono pronte per essere trasferite nella loro tomba sfrigolante, con enorme soddisfazione vostra e buona pace degli animalisti che - similmente a quanto già fatto per le povere aragoste - si scaglieranno contro di voi e la vostra crudele intenzione di cuocere senza un minimo di pietà dei poveri animali vivi e indifesi.

Il vostro rutto di soddisfazione a fine pasto, da verace caparozzolante, sarà la miglior risposta a qualsiasi polemica.

Ad maiora.

UPDATE:

Una provvidenziale puntata di Linea Blu mi ha permesso di chiarire alcuni dubbi e correggere alcune imprecisioni.

Innanzitutto, l'acqua in cui sono immerse le stramaledette deve essere fredda (l'avevo detto? Ah, non l'avevo detto?) e va cambiata ogni ora, riaggiungendo il sale tutte le volte.

In secondo luogo, la stramaggioranza delle vongole veraci vendute in Italia appartiene al genere Venerupis philippinarum, comunemente detta "Vongola filippina" e, a causa della sua origine, non solo tende ad essere più pulita dalle altre, ma - qualora opportunamente circuita - è in grado di rassettarvi la casa e / o stirare i vostri vestiti appallottolati.

La vongola verace verace (Venerupis decussata) può essere distinta da quella verace filippina semplicemente osservandone i sifoni (gli occhietti) che, nel primo caso, sono lunghi e ben separati, mentre nel secondo sono decisamente più corti e uniti tra di loro.

Se al culmine della vostra indignazione xeonofoba vi è venuta voglia di segnalare al ministero delle politiche agricole questa clamorosa violazione di un marchio IGP (o quel che l'è), sappiate che la definizione "verace" si associa a tutte le vongole non coltivate, ovvero cresciute allo stato brado.

Tiè.

E così ve lo siete presi nel ca'apranzo (cfr. Il Vernacoliere).

Miracoli della globalizzazione agroittica.

La pescivendola sotto casa mia, intanto, mi ha detto che lei alle vongole (filippine o meno che siano) preferisce i lupini (Dosinia exoleta) e la pentolata di cavatelli ceci e lupini che ho trangurgitato ieri sera ne è stata esemplare conferma...


venerdì 27 luglio 2007

L'orrore, l'orrore!

Joseph Conrad mi perdonerà se ho scelto di utilizzare le ultime parole di Kurtz (buonanima) per dare un titolo a questo post.

Ma quanti di voi avranno la pazienza (e il fegato) di osservare il video qui sotto, non potranno non convenire con me che tali parole sono l'unico epitaffio adatto ad un simile scempio.



Interessanti e costruttivi i commenti postati al video su youtube.

A questo punto mi auguro che il simpatico foodguru.com venga denunciato URGENTEMENTE presso il Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l'umanità.

"Mistah Kurz - he dead.
A penny for the Old Guy!"

mercoledì 25 luglio 2007

Bruschetta garganica


Visti i recenti eventi succedutisi a Peschici e dintorni, quale occasione migliore per presentare questa ricetta regionale - che comunque riscuote un grosso successo in tutto lo stivale - con buona pace di quei pochi e malmostosi ecologisti che hanno sempre da ridire su tutto.

Ingredienti:

  • le coste del Gargano
  • un uliveto
  • un manipolo di idioti criminali
  • accendini / fiammiferi / lanciafiamme q.b.
  • vento teso di scirocco
  • 45°c all'ombra
  • 0% di umidità
  • la protezione civile illanguidita dalle ferie
  • 5.000 turisti inconsapevoli
  • pochi e stremati Canadair d'anteguerra
Preparazione:

In una calda giornata di scirocco, accertarsi innanzitutto che si presentino le giuste condizioni di temperatura e umidità. Indi recarsi in un uliveto e dare principio ad un minuscolo focherello con i mezzi d'innesco che risultano più congeniali, accertandosi alfine che la fiamma si alimenti bene sino a diventare subito viva.

Confidando nell'endemica omertà dei villici, affidarsi alle correnti d'aria ed alla proverbiale reattività della protezione civile, badando che l'allegro scoppiettìo delle braci si diriga veemente verso le coste che dovranno necessariamente essere strapiene di bagnanti provenienti da ogni latitudine.

Aggiungere qualche spruzzo di Canadair tiepido, che lungi dall'inficiare la riuscita del piatto può fungere da lieve rinfrescante senza alcun impatto significativo sul gusto finale.

La pietanza, tipicamente estiva, va consumata quando la preparazione è ancora calda, condita d'una buona dose di polemiche stantìe e retorica cerchiobottista dannata (l'apostrofo è volutamente assente), per la gioia di giornalisti, speculatori edili e bracconieri.

Ottima l'abbinata con un vivace Inferno DOCG della Valtellina, sperando che la bottiglia non risulti troppo annacquata.

Se durante la preparazione doveste percepire penetranti afrori di lentisco, pino d'Aleppo, origano, ginepro ed altre erbacce tipiche della macchia garganica e mediterranea, non preoccupatevi più di tanto (siete pur sempre un manipolo di idioti criminali, no?) ma limitatevi ad annusarle con avidità: potrebbe trattarsi dell'ultima volta.

Da preparare ascoltando:

Disclaimer: le immagini d'accompagnamento (copyright repubblica.it) costituiscono un semplice suggerimento di presentazione per il piatto. La preparazione attuale può differire per particolari più o meno rilevanti, senza comunque discostarsi troppo da quanto mostrato.

giovedì 19 luglio 2007

Dogmaclastìa

Ovvero:

"Le regole sono come le ginocchia degli attaccanti avversari: esistono solo per essere infrante." (Hans-Peter Briegel)

In ambito gastronomico-culinario (tra tutti i possibili contesti di discussione, quello che decisamente genera i fomenti più astiosi) esistono una serie di precetti che - secondo il senso comune - NON vanno mai violati, pena le occhiate di disapprovazione dei vostri ospiti.

Tali occhiatacce sono generalmente accompagnate da una sequela di balloon da fumetto che recitano cose del tipo:

  • "Ai piatti di pesce va abbinato SOLO il vino bianco!"
  • "ll succo di limone va aggiunto POCO PRIMA di servire il piatto, sennò si ossida!"
  • "Nel soffritto non si usa MAI la cipolla, bensì lo scalogno!"
  • "L'aglio va lasciato SEMPRE incamiciato!"
  • "Il dado da brodo è ASSOLUTAMENTE da evitare!"
  • "Il sale grosso deve essere RIGOROSAMENTE integrale!"
  • "L'olio extravergine d'oliva DEVE NECESSARIAMENTE essere di prima spremitura a freddo e possibilmente lavorato in un frantoio del neolitico!"
  • "GIAMMAI condire funghi e pesce con il formaggio!"
e altre minchiate d'ordinanza.

Ora, io che di cucina ne capisco poco meno che di fisica quantistica ("...mi scusi un attimo, signor Planck, ma in questo momento non posso darle troppa attenzione: l'aspetto domani sera in Via Panisperna per quel convivio cui accennava Niels...") mi sono sempre curato poco di tali dogmi e ho sempre anteposto la curiosità e il gusto personale a qualsiasi tipo di precetto talebano.

Ecco perchè mi è spesso capitato di proporre, in cucina, l'equivalente culinario di un bestemmione a piena gola sotto il baldacchino del Bernini in San Pietro, un rutto fragoroso al culmine del pathos durante la rappresentazione - al Piccolo! - dell'Otellas di Nekrosius, un romanzo di Baricco in libreria, un'auto bianca e azzurra targata L'Aquila e parcheggiata davanti al Roma Club di Testaccio, oppure (gasp!) pagare anzichè essere pagati per andare a vedere un film di Muccino.

Alcune di queste blasfemìe, lungi dall'essermi state ispirate dall'oppio o da una cassoeula consumata a tarda sera, sono il frutto di sporadici e temerari tentativi di provare qualcosa di nuovo nelle rare volte in cui mi è capitato di andare a cena fuori.

Ed è proprio durante una di queste escursioni extramurarie che mi sono imbattuto nella Trattoria del Mare, ad Anzio (RM), un piccolo locale apparentemente senza pretese che giace spaparanzato sul molo del porto commerciale a pochi metri dall'imbarco dei traghetti per Ponza.

La trattoria è gestita da alcuni giovani anziani, e sulle prime non pare proporre nulla di particolarmente innovativo: solito trionfo di antipasti di mare (almeno 15 tipi diversi in un'unica voce sul conto), soliti primi ben curati e secondi altrettanto.

Dei vini non so dire: di lì a poco avrei dovuto guidare su strade parzialmente ignote, e non ho potuto apprezzare - pertanto - la possibilità di tracannare il mio solito litro e mezzo di Gotto d'Oro, da cui il mio disinteresse.

Orbene è stato con spavalderia mista ad un certo grado di ingenuità che ho osato ordinare degli spaghetti ai moscardini. La cameriera mi sorprende chiedendomi: "Ce lo vuole il formaggio sopra? Perchè sa, noi siamo soliti aggiungerci un po' di pecorino romano...".

"Come no!" è stata la mia poco convinta risposta, al punto che la cameriera mi richiede conferma, che giunge alfine positiva e un po' più decisa.

Questo il preambolo.

All'arrivo del piatto, in realtà una vera e propria còfana larga almeno quaranta centimetri e rorida di spaghetti e condimento, mio figlio (due anni e mezzo e nel pieno di una fase di avversione ferina nei confronti di tutto ciò che ha natura casearia) prorompe - a narici tappate - in un candido "Ghe bùzza!".

In effetti l'odore di pecorino misto al sugo di moscardini risulta abbastanza penetrante e, in qualche modo, estremamente stuzzicante all'appetito.

Fatto sta che la còfana si svuota nel giro di pochissimi minuti con somma soddisfazione mia, di mia moglie e di mio figlio, che può dunque riaprire all'aria le sue tenere narici.

Chiedo lumi alla cameriera che ci ha servito e scopro che il cuoco è uso aggiungere il pecorino in modica quantità (un cucchiaio) solo all'atto della rimestatura della pasta con il condimento.

Terminata la cena, gironzolo un po' per agevolare la digestione (ma sarei dovuto tornare a Roma a piedi per ottenere un qualche beneficio epatico) e mi accingo al rientro con in testa il buzzo di scrivere un post su questo evento.

Il conto è risultato onesto, soprattutto tenendo conto della grandeur assiro-babilonese delle porzioni, il servizio preciso e simpatico e la location suggestiva, con le barche ormeggiate a fare da quinta ai tavolini all'aperto.

Unico neo, la frequentazione media a base di cùmenda del litorale, culminata con l'arrivo di un fantomatico e totipotente Ingegnere (no, non io!) che parcheggia praticamente all'interno del locale come fosse il suo garage privato.

Tornando al piatto, questo andrebbe preparato - ad intuito - facendo saltare in padella due spicchi d'aglio insieme ai moscardini puliti e lavati.

Quando i moscardini cominciano a cambiare colore e a restringersi un poco, andrebbe aggiunto un mezzo bicchiere di vino bianco (ma anche la Sprite o il barbera d'Asti possono andar bene visto l'andazzo del post) e, dopo qualche minuto necessario a far cagliare il tutto, anche una goccia di concentrato di pomodoro, pepe nero macinato ed una modica quantità di pachino sminuzzati.

A parte (ma va?) cuocere la pasta, preferibilmente spaghettoni dal calibro delle gomene da diporto, da scolare al dente.

Quando pasta e condimento saranno pronti, unirli insieme ad un cucchiaio generoso di pecorino romano (che poi fanno in Sardegna, ma è un'altra storia) indi far saltare l'amalgama in padella con quel magnifico movimento di polso che fa tanto chèf d'alta scuola, ovvero onanista incallito ed un po' triste.

I pavidi e i timorati di dio possono ricoprire il piatto con un po' di prezzemolo fresco sminuzzato.

Se sentite puzza di stallatico allora vuol dire che avete esagerato col pecorino: pentitevene e recitate tre o quattrocento ave maria. Il piatto sarà ormai compromesso, ma almeno la vostra anima potrà aspirare ad un barlume di salvezza.

Come accompagnamento ci vedrei bene un bel bianco appena liquoroso tipo un Rapitalà (per l'ennesima volta) che ben si sposa con gli afrori caldi e inconsueti della preparazione.

Il piatto è consigliato a tutti tranne che a mio figlio (per ora: ne riparliamo fra un paio d'anni!).

Hai capito, appapà? :)

Da preparare ascoltando:

venerdì 22 giugno 2007

Strange days

Rebibbia, ore 8.29 di un torrido Venerdì di fine Giugno.

Sotto la canicola, vicino alla palina gialla che indica gli autobus che transitano in questo luogo dimenticato da dio e dalla regina Elisabetta, un signore di 50+ anni, in tuta blu, arrota su una mola artigianale che spunta chissà come dal sellino della sua Vespa vintage, un coltellaccio che ha tanti centimetri quanti lui anni e rughe in viso.

Il culo del sellino trasformato in un'improvvisata postazione da arrotino (macellaio?) con tanto di motorino collegato a ciò che resta dell'omologo che muove(va) la gloriosa.

Dal tizio, assorto com'è nella gioia del suo lavoro, non giunge alcun suono o parola. Niente di niente.

Neanche un 'Donne! E' arrivato l'arrotino e l'ombrellaio...' che mi possa tranquillizzare prima ancora che farmi incazzare come al solito.

Nel frattempo la folla di ucrainealbanesitalianistudentipensionateturisteammericane lo guarda con occhi a metà tra l'incuriosito ed il seriamente preoccupato.

Fondamentalmente strabici.

Io, mezzo stordito dall'arsura e dal boccheggìo cui mi ha costretto la dannata linea B della metropolitana, formulo tra me e me le seguenti ipotesi:

  1. Il tizio è un vero arrotino, solo un po' taciturno
  2. Il tizio è malato di mente e ora ci squarta tutti urlando 'verso l'infinito e oltre!'
  3. Guarda cosa vanno a pensare 'sti pubblicitari per invogliare i 'ggiovani ad andare a vedere Hostel part II che esce proprio oggi al cinema
Poi, dopo aver atteso il 443 per più di mezz'ora, ho un'illuminazione.

Vuoi perdere peso?

Caga.

(Un grazie a Mara Venier per il suo suggerimento e a Magma per avercelo ricordato, visto che sul web non si trova più traccia di tale fulgido esempio di scatologia televisiva).

lunedì 18 giugno 2007

Sgombro coatto

Negli ultimi otto anni il prezzo della casa a Roma è per lo meno triplicato (fonte: UMVDC [1]).

Ora capisco perchè da giovane guardavo con simpatia e tenerezza a quelle garbate realtà milanesi - Roma non era ancora neppure un pensiero minuzzolo nella mia capa santa - di occupazione abusiva e pacifica quali il COA T28 in Via dei Transiti o il CSOA Leoncavallo e le sue infinite migrazioni.

Poi capita che uno legge gli annunci immobiliari dell'agenzia sotto casa (ma quale casa?) e allora si prospettano due (2!) sole possibilità:

  1. denunciare i titolari dell'agenzia presso l'Ente di Protezione della Lingua Italiana (terrazzatissimo? cieloterra? pluribalconato? Come gli viene!?!?!)
  2. denunciare i titolari dell'agenzia presso la Camera di Commercio (che fanno, lasciano ancora i prezzi in Lire? 595.000 per un 90mq in via Cardano: ci dev'essere un refuso da qualche parte, forse mancano due o tre zeri...)
  3. this option intentionally left blank
Ed è proprio riflettendo su tali temi, oltre che tornando col pensiero ad un mio vicino, moroso laureato (no, non era un fidanzato modello ma un pidocchio che non pagava la pigione manco se gli staccavano le unghie dei piedi a tenagliate) che mi si è presentata l'ispirazione per questa pietanza.

Al lettore sarà chiaro quanto prima il perchè del nome.

Non può sfuggire, com'è ovvio, l'ingrediente principale: lo sgombro, o come lo chiamano a Roma e dintorni, il maccarello.

Curioso come in ambito agroalimentare il genio italico abbia fatto propri alcuni termini anglosassoni, storpiandoli (in)consapevolmente e trasformandoli nelle caricature autarchiche di sé stessi: è così che il mackerel si trasforma in maccarello, la herring in aringa e lo stockfish in stoccafisso. Ma anche la beef steak in bistecca, per par condicio.

Poi si deridono gli emigranti che Broccolìno al posto di Brooklyn. Mah.

Fine dello sfogo (un grazie alla mia personale crema contro gli eczemi).

Lo sgombro (uno per commensale) è meglio procurarselo da un pescivendolo di fiducia se non si vuole fare la fine di quello chef francese cui asportarono d'urgenza parte dell'intestino a causa di un infezione da anisakis (mortacci!). Altri riferimenti qui, qui e qui.

In alternativa, si può eviscerare *bene* l'animale prima che un chirurgo sia costretto a fare lo stesso con noi.

Meglio ancora lasciare a riposo il simpatico pesciolino per
  • 96 ore a -15° C, oppure
  • 60 ore a -20° C, oppure
  • 12 ore a –30° C, oppure
  • 9 ore a -40° C
in modo da azzerare le funzioni vitali del fastidioso nematode (e non sto parlando di vostra suocera).

Ah, già, la cottura in forno risolve altrettanto bene il problema... :)

Ce l'avete il coriandolo? Bene: farciteci ciascuno sgombro - sventrato - unitamente ad uno spicchio d'aglio. Diciamo che un cucchiaino di coriandolo cadasgombro può andar bene. E anche un filo d'olio e un briciolo di sale grosso.

Avvolgete ciascun maccarello in un foglio d'alluminio e infornatelo per una ventina di minuti almeno: sarà la vostra esperienza pluriennale nel coitus interruptus a indicarvi il momento più opportuno per tirare fuori il pesce prima che sia troppo tardi.

Ora comincia il bello.

Ciascuno sgombro va lasciato raffreddare quindi - nell' ordine - spellato, spinato e sminuzzato grossolanamente, senza curarsi della presenza di eventuali semi di coriandolo rimasugli della cottura.

Se durante la spinatura doveste imbattervi in strane larve filiformi di circa 1 - 3 cm, tipo queste, accertatevi almeno che siano morte.

Indi bisogna depositare i pezzettoni di sgombro in una zuppiera, e infine aggiungere cipolle affettate a spicchi grossi, capperi sott'aceto, olive nere e succo di limone. Completa il tutto una pudica innaffiata di aceto di mele (perché sì) e un filo d'olio crudo.

Per contrapasso il composto va lasciato marinare in frigo per qualche ora e rimestato ogni tanto: se nel farlo vi scappa di assaggiare, peccato non è.

Come accompagnamento è d'uopo una salva di Dreher 66cl (ghiacciata): dopotutto, se lo sgombro dev'essere coatto è meglio che lo sia fino in fondo.

That's all, folks.

Il piatto è consigliato se:
  • siete in ritardo con l'affitto e avete a cena il vostro padrone di casa imbufalito. In tal caso non curatevi affatto della provenienza del pesce e del suo grado di cottura (anzi!) quindi approntate una scusa fantasiosa che vi permetta di sottrarvi all'obbligo di assaggiare il medesimo piatto senza apparire maleducati ("No, io non lo mangio, grazie! Proprio oggi mi è venuta la febbre di Marburg e, come può immaginare, ho lo stomaco un po' in subbuglio...").
  • amate Tom Waits e vi ha sempre affascinato il verso di quella sua canzone [2] in cui blatera "(...) it rained mackerel, it rained trout (...)": verosimilmente, quando la scrisse, il bardo di Pomona si trovava a passare sotto il balcone di un improvvido cuoco che si era cimentato senza successo in questa stessa ricetta.
  • digerite anche i sassi, ma avete voglia di qualcosa di più.
Da prepararsi ascoltando:
  • il vostro stomaco che brontola
  • il vostro sesto senso che vi dice che forse è meglio andare da McDonalds
Salutatemi il gastroenterologo.

Note:

[1] Una Mia Vicina Di Casa, che nel '99 comprò un appartamento per 200 milioni di lire ed ora se l'è visto rivalutato a 300.000 Euro
[2] "Earth died screaming" da Bone Machine (1992)


venerdì 8 giugno 2007

'bbrasciòla di cavallo al zùco

Foggia è una città ben strana.

A Foggia molte cose perdono il loro vero nome per acquisirne un altro che poi, per consuetudine, si sostituisce al primo nell'immaginario collettivo (e spesso ignaro) sino a diventare più vero del vero.

Ad esempio, da tempo immemore (cioè da quando io ho facoltà di ricordare) a Foggia esiste una Piazza Libanese. Che a me, già da régazzino, mi pareva un nome inusuale: quando mai s'è vista una piazza aggettivata? Libanese, poi.

E perchè non Etiope o Tagìka?

Ma quando la sentivo appellare così financo da due solide e concrete casalinghe quali mia madre e mia nonna materna, beh, allora mi rassegnavo ai miei dubbi adolescenziali.

Poi all'improvviso ho scoperto quali fossero gli altri significati della parola libanese, in seguito quale fosse l'attività clandestina per cui la piazza omonima era famosa, e quindi - finalmente! - il perchè di quei capannelli di 'ggiuv'n uagghiùn' [0] assiepati nottetempo in Parco Volontari della Pace.

Più che ingenuo sono duro di comprendonio, lo ammetto.

Esistono anche altri casi eclatanti di perdite d'identità anagrafica, riferite solitamente alla toponomastica degli esercizi commerciali.

Il chiosco La ghiacciaia, sebbene così registrato alla camera di commercio, in realtà non è mai esistito in quanto tale: il suo nome originario è da sempre soppiantato nella memoria dei foggiani dal più familiare 'a cantìn' d' P'ppùzz' [1], universalmente nota a causa dei tappi di birra Raffo incastrati dagli avventori con inusitata perizia nell'asfalto innanzi all'ingresso, e per i rùtt' [2], sgàrrùtt' [2bis] e quàtt' chitàmmùrt [2ter] che prorompono dagli avventori stessi ad ogni minima occasione, anche la più inutile.

Poco distante, nascosto in una viuzza a senso unico di fianco all'Accademia di Belle Arti e non molto lontano dalla vecchia questura, giace un altro esempio caratteristico di tali identità commerciali multiformi: la taverna / pizzeria La grotta azzurra, nota ai foggiani - e dunque al mondo intero - con l'affettuoso appellativo di 'u 'nz'vùs [3].

Ed è proprio dall'Inzivoso [4] che ho potuto riassaporare una delle massime espressioni di quel caratteristico piatto foggiano della domenica di festa che è, per l'appunto, la 'bbrasciòla di cavallo al zùco.

Neanche a farlo apposta, a Foggia la 'bbrasciòla (braciola) non è quello che sembra.

Uno dice "braciola!" a Milano, e si vede servire un bel pezzo di carne alta un dito, ancora attaccata all'osso e cotta alla brace (da cui il nome).

Uno dice "braciola!" a Roma, e uguale.

A Napoli, idem.

A Foggia no: a Foggia la braciola è l'involtino di carne cotta nel sugo. Tenuta insieme a volte da un doppio filo di cotone, a volte da stuzzicadenti o spiedini di metallo, e comunque farcita d'aglio, prezzemolo, formaggio e pepe. Presso i più nobbbili, anche di prosciutto cotto e omelette (la frittatina, certo!).

Per prepararla non occorre particolare perizia ma gli ingredienti giusti, quelli sì.

Nell'ordine:

  • agghij' (aglio)
  • ogghij' (olio)
  • sàrz' d'pùmmadòr' (salsa di pomodoro)
  • p'trùsìn' (prezzemolo)
  • p'cùrin' (formaggio saporito)
  • pèp' nìr' (pepe nero macinato)
  • carn' d'cavall' p'ì 'bbrasciòl' (fettine di carne di cavallo tagliate a medio spessore)
  • carna gràss' p'anzapurì 'u zùg' (carne meno pregiata, tipo maiale o muscolo, tagliata a pezzi grossi, utile per dare un fondo più robusto al sugo)
Parte dell'aglio va tritata insieme al prezzemolo, quindi mischiata al formaggio grattugiato ed al pepe e utilizzata per farcire le fettine di carne, disponendo il composto ad uno degli estremi della fettina, in modo che arrovogliando quest'ultima su sè stessa e cominciando proprio da tale estremo, la farcitura arrivi a trovarsi infine al centro della braciola.

Indi si procede alla chiusura dell'opera utilizzando il mezzo più consono (cotone, stuzzicadenti o spiedini). Mia nonna, per inciso, prediligeva il cotone. L'Inzivoso, invece, gli stuzzicadenti di legno, più facili da riciclare e quindi tendenzialmente meno onerosi.

Nel frattempo, in una pentola abbastanza alta, si sarà fatto soffriggere l'aglio in olio sufficientemente abbondante, onde aggiungere prima i pezzi di carne d'accompagnamento e quindi le braciole.

Non appena la carne comincia a lasciare tracce abbrustolite sul fondo della pentola, si abbassa la fiamma e si attende un minuto che la temperatura dell'olio sia scesa prima di versare la salsa di pomodoro: se quest'ultima è fatta in casa clandestinamente, tanto meglio.

Si ravviva quindi la fiamma, si sala il tutto e ci si aggiunge qualche gambo di prezzemolo tanto per gradire.

La cottura deve essere lunga e, viene da sé, la fiamma non troppo alta.

Quando il sugo raggiunge la consistenza del purè di patate, allora è indizio che la cottura è ultimata. Se si attacca un po' alla pentola, male non fa.

Le braciole vanno servite per prime, immerse in un tripudio di salsa, quindi la carne d'accompagnamento, se la vostra panza conserva ancora un qualche anfratto libero.

Anche perché per gli avventori de l'Inzivoso il piatto in questione non è mai la prima portata, ma spesso segue a ruota un'altra delle famose delicatessen della casa, ovvero la pizza a bordo alto farcito di ricotta e salsiccia (il bordo!).

Per molti esseri umani, l'accoppiata è letale.

Ormai sono anni che non vivo più in pianta stabile a Foggia. Quando ci torno, sporadicamente, sono sempre troppo impegnato a salutare amici e parenti - quei pochi - per potermi dedicare ad una sana devastazione gastrointestinale come quando ero fanciullo.

Voci preoccupate che hanno raggiunto noi foggiani emigrati all'estero ci dicono che 'u 'nz'vùs' sia chiuso da un po', a causa di problemi familiari riscontrati dal signor Vittorio (il titolare del locale nonchè dell'appellativo di Inzivoso) e non ancora risolti.

Alcuni, invece, sostengono che il locale sia stato chiuso dai NAS, che durante un'ispezione di controllo pare abbiano visto uscire dalla cucina una fila di verruche in ciàvatte.

Quale che sia la verità, si tratta comunque di una perdita incommensurabile per la gastronomia di un certo livello (il più basso).

Una prece.

Da preparare ascoltando:



Note del Traduttore:

[0] Scansafatiche
[1] "La cantina di Giuseppe"
[2] Rutti
[2bis] Rutti fragorosi
[2ter] Bestemmie e contumelie indirizzate ai familiari morti del destinatario
[3] "Il lurido"
[4] "Il lurido", secondo la dizione adottata dal foggiano verace che cerca inutilmente di parlare in itaGliano

venerdì 1 giugno 2007

I problemi della vita...

Da repubblica.it:

Roma, 1 Giugno 2007: traffico impazzito per un incendio, tangenziale chiusa per ore nelle due direzioni

Niente di che, solite cose. Se non fosse per quelle due righe, sparpagliate tra cima e fondo dell'articolo:

"(...) Le cause dell'incendio sono ancora da chiarire ma l'ipotesi più probabile è legata al surriscaldamento dei cavi in fibra ottica della Telecom: ne sono andati distrutti 300 e 4500 utenze sono state interrotte. (...)"


"(...) Sotto la rampa del ponte Nomentano avevano allestito alloggi di fortuna alcuni senza-tetto, che sono stati tratti in salvo dalle forze dell'ordine intervenute sul posto. (...)"

Ah, quanto li capisco quelli che poi si lamentano perché l'ADSL non va, Telecom ladra!

Come se non bastasse, le notizie allarmanti continuano.

Se abitate a Roma, fermatevi un attimo, fate un bel respiro a pieni polmoni e leggete qua, tutto d'un fiato:

Il Cnr: cocaina nell'aria di Roma insieme a cannabis, nicotina e caffeina

(notizia tratta sempre da repubblica.it, però del 31 Maggio)

Ed ora, salutate i parenti e preparatevi ad un bel soggiorno in comunità, drogati di me*da! :)


mercoledì 30 maggio 2007

Calderone di pesce bentonico

Sia lode alla chef Claire Nouvian per aver finalmente svecchiato gli ambienti della cucina internazionale proponendo una variante eccezionalmente ricca e articolata dell'arcinota zuppa di pesce (o cacciucco o bouillabaisse o ciambotta che dir si voglia).

E allora: via i gamberetti, salutate gli scampi, dite addio al palombo e all'umile grongo! Al diavolo le teste di triglia e quelle di cefalo, i merluzzetti, le mazzancolle e il fetentissimo scorfano...

Vi basteranno, semplicemente, delle quantità variabili di:

Come base, a parte la salsa di pomodoro fresco, è necessario un discreto quantitativo di brodo primordiale (privo di glutammato e alghe azzurre, mi raccomando).

Nel pentolone ove avrete preparato il sugo, lasciate macerare gli ingredienti per un periodo compreso tra i tre e i cinque miliardi di anni, mescolando energicamente allo scadere di ogni era geologica.

Mon dieu: les jeux sont fait!

Se il vostro pisciaiuolo di fiducia non dovesse riconoscere 'a voce' alcuni degli ingredienti su menzionati, potete sempre pensare di indicarglieli nell'ottimo specchietto riepilogativo che trovate qui di seguito:


NdA: Nel caso in cui risultiate tra quei pochi sfortunati che non digeriscono la Winteria Telescopa, allora potete sostituirla con l'ottima (ed economica) Mertensia Ovum, senza per questo rovinare la fine palatalità del piatto.

Da preparare ascoltando: Fishbone - Give a Monkey a Brain And He'll Swear He's the Center of the Universe (1993)

lunedì 28 maggio 2007

White Ragoo

Lo ammetto, il titolo è pretenzioso e fuorviante.

Primo, perchè è in inglese (lift yer handz all ye who know how to properly read - not daring 2 say 'understand' - some pidgin-Englischer words, aye! Me, I'm not).

Poi, perchè "ragù" (o meglio: "raù") si scrive così e non colì.

Infine, perchè non è un ragù nel senso vero e proprio del termine, visto che non ci vogliono 12 (dodici!) ore per la sua preparazione e non servono 852 (tanti!) tipi di carne diversa.

Basta un po' di sarciccia, di quella a punta di coltello o macinata grossa, non piccante e priva di semi di finocchio, come si usa a Mosca.

Astenersi luganeghe.

La sauciccia (o LE saucicce, a seconda di quanta ce ne si vuole mettere dentro) va spellata, spiaccicata con una forchetta e restituita per quanto possibile alla sua originaria costituzione 'a pezzettoni'.

Nel frattempo avrete avuto cura di soffriggere in poco olio un cipollotto sminuzzato (no: non ho detto scalogno) insieme ad un piccolo rametto di rosmarino fresco.

Contemporaneamente, lavate tre o quattro foglie di salvia e altrettante di alloro.

La prima, di solito, me la procuro in uno smart shop in via Oderisi da Gubbio (RM), anche se è di una varietà meno adatta alla cucina.

Il secondo, a parte prelevarlo dalla ormai smunta e rinsecchita corona con cui mi cinsi la testa (di minchia) aprés la laureà, lo trovo nel parcheggio del mio posto di lavoro o incastrato nel filtro dell'aria della mia macilenta Ford Orion bordeaux del '91, Khorakhanè edition.

Il gusto di quest'ultimo può rivelarsi un po' - come dire - pesantuccio: colpa del piombo tetraetile, forse.

Fregatevene, e prima che il soffritto sia solo un vago ricordo abbrustolito, aggiungete la sàvizicchia triturata e una gollata generosa di tavernello bianco o equivalenti in cartone.

Quando la salamella è a metà cottura (solo dio saprebbe come dedurlo: per interrogarlo, provate a chiamare uno di questi numeri e tenetemi aggiornato) si aggiunge al pasticcio un rametto di rosmarino per ciascun commensale, poi la salvia e quindi l'alloro.

Ho dimenticato di dirvi l'ovvio: e cioè, cuocete la pasta (media e contorta, tipo fusilli, se è fresca meglio ancora) , sinnò co' che v'o magnate 'sto schifo?

Se la saucisson è di buona qualità, manterrà un colorito chiaro senza sconfinare nel rosa o peggio nel fucsia fosforescente (come solo poche salsicce sanno fare, tipo quelle spacciate al TODIS).

La pasta, scolata, va mantecata rimestata nella pentola del soffritto e quindi ricoperta con una dose generosa di pecorino grattugiato.

Se proprio volete fare la figura dei gran signori, utilizzate i rametti soffritti di rosmarino (ricordate? uno per commensale, 'tacci loro!) per guarnire i piatti, badando a portarli a tavola con il dito pollice mollemente adagiato nel contenuto del piatto stesso ed il mignolo sollevato che neanche all'acme di una crisi da priapismo.

Al termine del pasto, e solo allora!, potrete dire a loro (i commensali) dove avete preso l'alloro e quanto gli verrà a costare - all'ora - il consulto di un buon nefrologo.

Spero abbiate avuto cura di abbinare al piatto un buon antigelo o al massimo il medesimo tavernello del soffritto, ché non si butta via niente.

Qualora necessitiate di un ulteriore ausilio alla pennica post-prandiale, potete abbinare al piatto qui descritto una lettura in lingua originale del mirabile Trattato sull'Astrolabio di Geoffrey Chaucer.

Da prepararsi ascoltando:

Craxi vostri.