Bentruàti.
Con il post di oggi si inaugura la categoria degli howto (pron.: autù), che poi altro non sono se non "mini-guide per l'esecuzione di compiti più o meno comuni in ambito culinario", fist-fucking escluso.
Questo primo howto è dedicato alla preparazione delle vongole come atto propedeutico alla poièsis di piatti che ne necessitano in ragguardevoli quantità (esempi: tegamata di linguine alle vongole, zuppa di vongole, impepata di vongole e vongole in salsa di vongole).
Sono riuscito a non dire sautèe.
Ricordatevi, qualora non lo sapeste già, che le vongole sono molluschi ESTREMAMENTE diffidenti.
Una volta eradicate dal loro habitat sabbioso e salmastro, tristi e immalinconite tendono a chiudersi introspettivamente in sè stesse, senza il benchè minimo accenno ad una qualsiasi riapertura della loro coriacea conchìzza.
Il che presenta alcuni sgradevoli inconvenienti.
Primo tra tutti, quello di ritrovarsi a gustare squisite linguine alla sabbia di Marghera, la quale oltre ad essere aromatizzata al tetracloruro di carbonio, al bromoformio e ai trialometani, ha anche il poco piacevole side-effect (mi si perdoni l'anglismo) di attaccarsi, eccome!, al lavoro del vostro dentista.
Distruggendolo.
Affinché ciò non accada è possibile prendere delle semplici precauzioni - ognuna delle quali è da intendersi alternativa alle altre - che mi accingo or ora ad elencare:
- Acquistare vongole già sgusciate e pulite. Surgelate o in salamoia, poco cambia: fanno schifo uguale e probabilmente sono state preparate da bambini pakistani nel poco tempo libero a loro disposizione tra la cucitura di un pallone da calcio e l'altro
- Attendere che l'evoluzione faccia il suo corso, spostando l'habitat naturale del simpatico mollusco dalle coste sabbiose agli scogli calcarei (a là cozze e patelle, per intenderci). Detti scogli saranno sicuramente più facili da individuare ed eliminare dal piatto, di quanto non lo siano i maledettissimi granelli di sabbia
- Seguire pedissequamente questo howto
Orbene, preambolo a parte, ciò che vi servirà sarà un recipiente di capienza adatta a contenere le
infingarde, da riempire con le medesime indi con la quantità d'acqua strettamente necessaria a coprirle a filo.
Poi sarà il caso di aggiungere una quantità di sale grosso tale da portare i livelli di salinità dell'acqua presente nel contenitore a valori analoghi a quelli dell'ambiente dal quale le
bastarde sono state prelevate.
Qualora non conosciate tale valore, potrete rivolgervi al laboratorio di analisi dell'
università di Pavia, come suggerito sulle etichette delle più note marche di acque minerali, o più semplicemente sbattervene le
palpebre e andare a
casazzo (credo che da qualche parte ci sia un refuso dettatomi inconsciamente dal comune senso del pudore).
L'aumentata salinità dell'acqua fara sì che le
stronzissime credano di essere state riportate a casa loro, ammesso che si possa chiamare 'casa' un tratto di mare basso e limaccioso, e quindi si decidano - dopo circa due / tre ore di straniamento - a tirar fuori la capuzzella per dare un'occhiata e vedere chi c'è in giro e che si dice, ma più che altro per capire che fine ha fatto tutta quella dannatissima sabbia.
Le
sciocchine non sanno però che così facendo contribuiscono a perdere la fragrante
impanatura silicea di cui sono ripiene, agevolandovi il compito.
Ed è a questo punto che intervenite voi, selezionando accuratamente le vongole aperte, e quindi ancora vive e verosimilmente pulite, da quelle chiuse, probabilmente defunte o più timide delle altre e comunque più insabbiate di un bambino di due anni a spasso sul litorale di Ostia.
Una risciacquatina alle fortunate che hanno passato la
selezione, male non fa.
A questo punto le
bestiacce sono pronte per essere trasferite nella loro tomba sfrigolante, con enorme soddisfazione vostra e buona pace degli animalisti che - similmente a
quanto già fatto per le povere aragoste - si scaglieranno contro di voi e la vostra crudele intenzione di cuocere senza un minimo di pietà dei poveri animali vivi e indifesi.
Il vostro rutto di soddisfazione a fine pasto, da verace
caparozzolante, sarà la miglior risposta a qualsiasi polemica.
Ad maiora.
UPDATE:
Una provvidenziale puntata di
Linea Blu mi ha permesso di chiarire alcuni dubbi e correggere alcune imprecisioni.
Innanzitutto, l'acqua in cui sono immerse le
stramaledette deve essere fredda (l'avevo detto? Ah, non l'avevo detto?) e va cambiata ogni ora, riaggiungendo il sale tutte le volte.
In secondo luogo, la stramaggioranza delle vongole
veraci vendute in Italia appartiene al genere
Venerupis philippinarum, comunemente detta "
Vongola filippina" e, a causa della sua origine, non solo tende ad essere più pulita dalle altre, ma - qualora opportunamente circuita - è in grad
o di rassettarvi la casa e / o stirare i vostri vestiti appallottolati.
La vongola
verace verace (
Venerupis decussata) può essere distinta da quella
verace filippina semplicemente osservandone i sifoni (gli
occhietti) che, nel primo caso, sono lunghi e ben separati, mentre nel secondo sono decisamente più corti e uniti tra di loro.
Se al culmine della vostra indignazione
xeonofoba vi è venuta voglia di segnalare al
ministero delle politiche agricole questa clamorosa violazione di un marchio IGP (o quel che l'è), sappiate che la definizione "
verace" si associa a tutte le vongole non coltivate, ovvero cresciute allo stato brado.
Tiè.
E così ve lo siete presi nel
ca'apranzo (cfr.
Il Vernacoliere).
Miracoli della globalizzazione agroittica.
La pescivendola sotto casa mia, intanto, mi ha detto che lei alle vongole (filippine o meno che siano) preferisce i
lupini (Dosinia exoleta) e la pentolata di
cavatelli ceci e lupini che ho
trangurgitato ieri sera ne è stata esemplare conferma...