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martedì 8 maggio 2007

Fave & Cicorie

Piatto tipico della tradizione contadina pugliese, di recente assurto con pieni onori al rango di raffinatezza culinaria e servito - udite udite! - financo nei ristoranti di un certo livello (i.e. quelli da evitare accuratamente).

Pur essendone estremamente goloso, cerco di limitarne al minimo l'assunzione visto che la sua preparazione è solita lasciare in cucina un caratteristico odore di piedi marci (tipo, per intenderci, superga-d'estate-senza calze).

Ma se si è avvezzi a mangiare taleggio e gorgonzola DOP (o a portare i fantasmini), non c'è problema.

Inoltre, non è un piatto che si può improvvisare visto che la pre-preparazione delle fave (secche) richiede almeno 6 ore, durante le quali queste vanno lasciate a bagno in acqua fredda che le copra bene.

Per continuare con l'acconciatura, bisogna seguire due passi distinti:

1. preparazione della cicoria
2. preparazione delle fave

Il passo 1) è banale: una volta lessate in acqua non salata le cicorie (anche surgelate vanno bene) si procede a saltarle in padella con aglio (tanto), olio (pugliese, hai visto mai!) e peperoncino piccante, preferibilmente fresco.

Il passo 2) è anch'esso banale stanti le premesse: in una pentola di coccio riempita d'acqua salata (poco) aggiungere le fave ravvivate e scolate dall'acqua del bagno di mezzanotte.

Quando l'ebollizione (su fiamma alta) è decisa, e le fave completamente sfaldate - occhio che ci vuole almeno mezz'ora! - recuperare una cucchiara di legno, un foglio di carta e una penna.

Il foglio di carta e la penna servono per annotare - dopo averlo scelto - il verso di rotazione rispetto al quale amalgamare le fave, onde mantenerlo inalterato sino a fine cottura.

Il perchè di questa consuetudine si perde nella notte dei tempi, ma se è vero che i Dogon del Mali conoscono la natura binaria di Sirio (indeterminabile ad occhio nudo), allora un terrazzano potrà ben aver avuto quel minimo di nozioni di tissotropia atte a codificare siffatto procedimento.

Mia moglie (pugliese DOC) mi suggerisce di mescolare il composto in senso orario: interrogata sul perchè, la tizia non rispose.

Ne deduco che

  1. il verso orario è più facile a ricordarsi (a meno che non si siano sempre usati orologi digitali)
  2. mia moglie è una strega
Il rimestìo, da compiersi ogni cinque minuti, termina finalmente quando le fave sono del tutto sfaldate e l'acqua di cottura completamente assorbita.

La consistenza del composto deve essere liquida ma decisa: tipo il mou contenuto nei Mars™) ma ben più granuloso.

L'importante è che nella purea non si individuino grossi grumi leguminosi. Nel qual caso, come già suggerito in occasione di un'altra ricetta, maledirsi abbondantemente.

Il tutto va servito unendo alla purea di fave, spiaccicata in un piatto piano, un grosso quantitativo di cicorie e condito con olio crudo (i.e. appena colato dall'ogliarulo).

Il piatto è consigliato:
  • ai favici antipatici di cui vogliate sbarazzarvi (a loro insaputa)
  • a chi non si formalizza di fronte ad un rutto di soddisfazione a fine pasto.
Al solito, viene meglio se accompagnato da un vino rosso di quelli che macchiano la bottiglia. A tal proposito consiglio il vino di produzione del padre di un mio amico originario di Ferrandina (MT), utilizzabile - qualora necessario - in vece della nafta agricola: lo potete trovare in distribuzione presso qualsiasi stazione Q8 della Basilicata.

Da preparare ascoltando: Tool - ænima (1996) - Stinkfist, per ovvi motivi.

Augh!

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